La verità – che decreterà come procedere – sta tutta racchiusa nei risultati dell’esame tossicologico. Novanta giorni si sono presi il medico legale Giambattista Golè e il tossicologo Enrico Gerace, nominati dal pm Barbara Cavallo (Lorenzo Marinelli è il consulente della controparte) per fare luce sulle morti di Floriana Veronesi, 90 anni, e Antonio Rivola, 83. Morti ritenute "sospette", avvenute a settembre nel reparto di Lungodegenza geriatrica riabilitativa del Mazzolani Vandini di Argenta, i cui funerali vennero bloccati il 27 dello scorso mese (ieri il nuovo nulla osta, ne parliamo nel pezzo accanto). Proprio dove, dal 2021, lavora un 44enne infermiere, finito nel mirino di carabinieri e Procura, indagato con l’ipotesi gravissima di omicidio volontario.
L’uomo da alcuni giorni non è al lavoro, sospeso in via cautelativa dall’azienda sanitaria, prassi definita "atto dovuto" in situazioni come queste. Da quanto si apprende però, nei confronti dello stesso vi sarebbe in essere anche un procedimento disciplinare, che nulla però avrebbe a che fare con l’indagine in corso e risalirebbe a qualche tempo prima della visita dell’Arma in ospedale. Dall’Ausl nessuno fiata, l’indagine, dicono da quelle parti, è troppo delicata. In un modo o nell’altro. Proprio da una segnalazione della stessa, è partita l’inchiesta dove ogni atto, al momento, è stato secretato. Una collega dell’indagato, infatti, proprio a seguito dei decessi di Veronesi e Rivola, si sarebbe accorta di qualche ammanco strano in ospedale, episodio subito riferito alla direzione sanitaria e, di getto, agli inquirenti che da quel momento hanno iniziato a lavorare sotto traccia, acquisendo le prime informazioni sui decessi.
A partire da quella di Antonio Rivola, morto il 5 settembre – il cui funerale venne posticipato al 27 per mere esigenze familiari per nulla legate al fascicolo –, rimasto vedovo da un paio d’anni e molto conosciuto ad Argenta dove abitava. Pochi giorni più tardi, ecco la morte della novantenne Floriana Veronesi, anch’essa ricoverata in Geriatria. Entrambe – sostiene oggi chi indaga – potrebbero essere legate ad "un uso improprio di farmaci somministrati da personale infermieristico". Quali? Il quesito dell’autopsia, eseguita tre giorni fa, è molto generico, la ricerca è a 360 gradi: stabilire l’evento morte e valutare se l’eventuale assunzione di farmaci non prescritti, potrebbe aver concorso nel causare il decesso. L’attenzione è riversata su eventuali tracce di oppiacei, antidepressivi, benzodiazepine che potrebbero aprire nuovi e sconvolgenti scenari. Giallo anche sulla modalità della (sempre eventuale) somministrazione: endovenosa o tramite gocce o pasticche?
In attesa dell’elemento-verità, i carabinieri non si sono comunque fermati. In ospedale, oltre alle due cartelle cliniche, hanno acquisito una serie di atti tra cui tutti i registri dei turni del reparto per poter capire chi lavorava nelle ore ravvicinate, e in occasione, dei due decessi. Un aspetto che potrebbe aprire un ulteriore scenario sull’intera filiera dei controlli. Nel caso in cui venisse confermata l’illecita somministrazione del farmaco "x" e il legame con la morte, le domande da porsi sarebbero diverse: in che modo l’infermiere ne sarebbe entrato in possesso? E chi, sopra di lui, aveva il compito di controllarlo? E ancora: si poteva evitare che tutto ciò accadesse? Ipotesi, ripetiamo, ma sulle quali sono in corso ragionamenti investigativi che potrebbero allargarsi pure ad altri decessi avvenuti sempre al Mazzolani Vandini. E proprio da qui, sponda Ausl, viene ribadita la "massima collaborazione con gli inquirenti", con l’azienda che rimarca ancora una volta di essere pronta a "ogni possibile iniziativa a propria tutela".