Bologna, 7 agosto 2024 – "Ridisegniamo parte dell’Emilia-Romagna. La pianura padana, la collina avranno un nuovo volto. Un volto a prova di alluvione". Così Alessandro Bratti, segretario generale dell’Autorità distrettuale del Fiume Po, descrive il piano speciale che traccia gli interventi del post alluvione, un documento che ha coinvolto Regione, Agenzie regionali, Consorzi di Bonifica, Ispra, Carabinieri forestali e Università coordinati dall’Autorità distrettuale del fiume Po. Bratti, che si sente un po’ il padre di quel piano, annuncia che verrà firmato a settembre. E sarà a quel punto uno strumento nelle mani del commissario straordinario Francesco Figliuolo per la ricostruzione nei territori colpiti nel maggio dello scorso anno da quello che viene definito un evento epocale.
"Dai punti critici fino alle proposte, in quelle pagine c’è una nuova filosofia del territorio", dice Bratti.
Cosa significa?
"Non ci siamo limitati a suggerire come riparare quello che è stato distrutto in quei giorni così drammatici, non vogliamo mettere pezze e rattoppi per poi trovarci di nuovo qui a parlare di clima folle, di paesaggi devastati. Abbiamo invece indicato una strada spinti da un grande obiettivo, creare un nuovo territorio, dare una risposta alla sfida del cambiamento climatico"
Quali sono i pilastri sui quali si regge il progetto?
"Partiamo dai fiumi e dai corsi d’acqua, il piano prevede che vengano ove possibile allargati, che vengano spostati gli argini. Quindi non ci si limita a riparare una falla, come si è fatto in passato, ma a creare i presupposti perché anche grandi masse d’acqua possano essere meglio gestite per prevenire il più possibile dei disastri".
Non è un’impresa facile, quante sono state le frane?
"Oltre 81mila. Si pensi che ci sono estese aree segnate da 50 frane per chilometro, con punte di 250".
Quanti immobili sono stati coinvolti?
"Tanti. Abbiamo 350 edifici, diciamo così, affacciati su una frana. Oltre 530 a cinque metri, ben 2.600 ad una distanza da frane nella fascia tra i cinque e i venti metri. Per capire cosa è successo in quei giorni dobbiamo tenere presente che il territorio dove si sono verificati i dissesti si estende su un’ampiezza di 200 chilometri, tra le province di Reggio Emilia e Rimini. Abbiamo tracciato una mappa, con i numeri registrati nelle province e nei singoli comuni. Mappe che analizzano il margine di rischio, dove intervenire".
Una delle soluzioni è quella delle delocalizzazioni, soluzione piuttosto discussa...
"Quando i costi per sistemare le frane sono troppo alti e comunque non ne vale la pena perché elevato il rischio che le strutture vengano danneggiate se si verificano di nuovo eventi climatici di forte intensità, la strada è quella di delocalizzare. I cittadini o le imprese dovranno abbandonare i proprio immobili, ricevendo un indennizzo, che verrà fornito dalla struttura commissariale".
Qual è l’iter?
"I Comuni procedono ad una valutazione degli edifici da delocalizzare. Individuano le aree idonee per il trasferimento degli immobili da realizzarsi attraverso incentivi. Se i proprietari non si avvalgano della facoltà di delocalizzazione al di fuori delle aree a rischio usufruendo degli incentivi, decadono i benefici per i danni causati da calamità naturali. Tutto l’iter sarà disciplinato a livello regionale".
Le casse d’espansione?
"Grande attenzione è stata posta alla realizzazione e al completamento di queste strutture, che però non saranno sufficienti e dovranno essere progettate in sinergia con l’abbassamento dei piani golenali nei tratti arginali maggiormente pensili, l’arretramento di alcuni tratti arginali e soprattutto la tracimazione controllata. In questo ultimo caso il piano individua le aree dove è possibile adottare questa tecnica. Questa tipologia d’intervento, da applicarsi nei tratti di pianura con presenza di sistemi arginali continui, punta alla gestione controllata del volume di piena. E’ stata effettuata una preliminare stima del volume di acqua da gestire in modo controllato per ciascun corso d’acqua del reticolo idrografico principale del Reno, Bacini Regionali Romagnoli e Marecchia Conca"
Quanto costerà tutto questo?
"Siamo sull’ordine dei quattro miliardi e mezzo di euro"
Chi dovrà trovare questi soldi?
"Il governo, si tratta comunque di una cifra spalmata su un arco di tempo di 12 anni".