
Il docente Francesco Botturi
Parte oggi, in piazza Municipale, il Festival della Fantasia organizzato dal centro culturale ’L’Umana Avventura’ e dalla Fondazione Enrico Zanotti. Tra gli ospiti c’è Francesco Botturi, già ordinario di filosofia morale presso l’Università del Sacro Cuore di Milano.
Professore, oggi alle 18 è invitato a intervenire sul tema ’Il solco della speranza’: in genere si fa riferimento alla speranza quando si è in una situazione di debolezza e di difficoltà. A volte si pensa che riferirsi alla speranza possa essere un’ingenuità. A chi si rivolge in questo suo intervento?
"Per risponderle prendo a prestito un’espressione di Papa Francesco: “Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa di bene”. È esperienza di ognuno di noi l’essere orientati ad un compimento che non è circoscritto all’ottenimento di una soddisfazione legata alla situazione particolare in cui ci si trova. La speranza invece riguarda l’essenza di sé e degli altri. L’uomo ha in sé l’attesa di un compimento totale che vada oltre la soluzione della circostanza particolare. Ha qualcosa di infinito, di fuori di sé, di eccedente sé".
Ha citato il Giubileo della Speranza. Perché la Chiesa vuole far sua questa preoccupazione dell’uomo?
"Perché la Chiesa è una” impicciona” dell’umano, esiste per illuminare tutto ciò che è umano. Fin dalla tradizione ebraica la speranza è collegata ad una promessa: la terra promessa, il formarsi di un popolo in mezzo agli altri, attraverso l’azione dei profeti che risvegliano questa dimensione di appartenenza a Dio, di alterità. Nella storia poi la Chiesa cosa viene a sapere? Che c’è un bene per l’uomo che è infinitamente più grande di ciò che l’uomo potrebbe aspettarsi e che supera anche il limite della propria esperienza. Non è la speranza di questa o di quella cosa, ma è la speranza del tutto. Per questo la Chiesa parla all’umano intero, non solo alle piccole speranze o alle cose da fare".
Non le sembra che l’uomo contemporaneo abbia perso questa attitudine alla speranza?
"Prendo a prestito una citazione di André Georges Malraux: “Non c’è ideale al quale possiamo sacrificarci perché di tutti noi conosciamo le menzogne, noi che non sappiamo che cosa sia la verità”. Certamente l’assetto umano moderno ha cercato di operare una sostituzione rivendicando a sé, attraverso il potere e la prassi, la sua destinazione e il suo compimento. In questo senso riparlare della speranza è offrire a tutti la possibilità di una ripresa a riguardo del senso del vivere e del morire. L’inverno demografico e la rivendicazione del suicidio (assistito) sono solo due punti su inizio e fine vita che indicano uno stato di sofferenza dell’umano".