Il prossimo va accolto attraverso l’ascolto e senza pregiudizi

Accogliere ed essere accolti: è l’inizio della comunione e della vita fraterna. Succede a Gesù, che si sposta a piedi verso Gerusalemme, di entrare in un villaggio a Lui ben conosciuto, Betania, dove abitano i fratelli Marta, Maria e Lazzaro. Ma in questa occasione Gesù non è insieme agli apostoli e Lazzaro non c’è. Gesù viene subito ospitato in casa e accolto come un amico. È bello come viene descritta la diversa modalità di stare con Gesù. Infatti, Marta inizia subito a voler preparare qualcosa da offrire a Gesù. Il popolo ebreo è molto ospitale e c’è quindi il desiderio di non voler far mancare nulla al proprio ospite, farlo sentire ‘a casa’. Maria invece vive in modo diverso l’accoglienza. Si siede ai piedi di Gesù, come era solito fare al discepolo che si metteva in ascolto del maestro. A ben vedere Maria fa il gesto più importante: mettere al centro il proprio ospite stanco, in ascolto, accogliendo le parole che le vengono donate, per scoprire la ricchezza di quella persona che ha davanti, ponendosi come colei che ha qualcosa da imparare, perché l’ospite è sempre portatore di novità, di occhi nuovi attraverso cui legge in modo diverso, alternativo, la realtà. Il primo dei cinque sensi che va utilizzato per accogliere non è la vista, ma l’udito. La vista mi offre una percezione superficiale, mentre le parole entrano in me, in uno scambio da cuore a cuore, e possono andare a toccare ciò che la vista non riesce a raggiungere, soprattutto a causa dei miei pregiudizi, delle mie miopie, del mio sapere già tutto. In questo Gesù è un maestro. Lui che conosceva ciò che le persone pensavano e avevano nel cuore, si fermava sempre davanti a chi lo chiamava. Marta, che vede Maria che soltanto ascolta, va in ansia. Forse è presa dalla paura di non fare bella figura, vorrebbe che Gesù dicesse a Maria di aiutarla e di staccarsi da Lui, perché l’ha lasciata sola. Ma Gesù, che è un uomo libero e liberante, ricorda come l’ascolto e il servizio non sono alternative, ma entrambi necessarie, per rispondere ad una domanda fatta da un dottore della legge alcuni versetti prima: "Chi è il mio prossimo?". Il prossimo è colui che va accolto attraverso l’ascolto e il prendersi cura di lui, sapendo che l’altro, il diverso, lo straniero ha sempre una ricchezza da donarmi. Ma io quanto riesco ad accogliere e a mettermi in ascolto senza pregiudizi e senza creare io dei bisogni, che l’altro non ha? Riesco a fermarmi, ad ascoltare, per poi stare a servizio dell’altro?

Don Giampiero Mazzucchelli