Il tagliando ai territori, una necessità

Migration

Pierfrancesco

Giannangeli

In queste ore tragiche per le Marche, e dopo il disastro a Ferrara di appena qualche settimana fa, con una metamorfosi degna del genio kafkiano, gli struzzi che avevano messo la testa sotto la sabbia per non vedere si sono trasformati in formidabili coccodrilli dal pianto facile, perché è troppo facile adesso che ci sono i morti. I Gregorio Samsa in questi drammatici momenti sono tanti. In quanti si occupano invece di monitorare costantemente quello che succede e di accomodare i guasti quando accadono, in questo disgraziato pianeta che sta invecchiando male perché le cure di chi dovrebbe prendersene cura, cioè noi, sono insufficienti? Certo, ce ne sono di quelli che pongono attenzione per prevenire le calamità, con una sensibilità sempre più in crescendo, ma probabilmente ancora non basta. Piccoli e grandi manutenzioni, il tagliando ai territori, sono ormai necessità quotidiana, visto che siamo riusciti a far impazzire anche il clima, perché non è ammattito da solo: il surriscaldamento costante è una realtà, la fragilità della terra pure, e i disastri sono la logica conseguenza. Gli scienziati ce lo dicono da un pezzo, e noi no, ci piace negare che la scienza sia tale e che i suoi interpreti abbiano studiato prima di parlare. Quindi è arrivato il momento, cominciamo a mettercelo in testa, di ascoltarli invece di fare gli scettici a prescindere o appunto gli struzzi che negano, perché hanno messo la testa sotto la sabbia e non vogliono vedere. Ormai usciamo di casa solo dopo aver consultato le previsioni del tempo, gesto che ormai è diventato la preghiera laica del mattino, ma sono gli stessi studiosi del clima, cioè quelli che le previsioni le fanno, ad avvertire che possono accadere pure eventi improvvisi, non pronosticabili. Allora ecco quello di cui abbiamo bisogno: di un lavoro oscuro e quotidiano, certo anche costoso, consapevoli che non concede pubblicità immediata, perché i medici di un pianeta malato siamo soltanto noi.