ALBERTO LAZZARINI
Cronaca

Il tributo nel giorno del Patrono. Il saluto dell’arcivescovo Perego: "Francesco, magistero profondo"

Il ringraziamento durante l’omelia pronunciata nel corso della messa nella basilica dedicata a San Giorgio "In pochi all’Eucaristia domenicale: tra il 5% e il 10%. Senza famiglia questa città continua a morire".

Il ringraziamento durante l’omelia pronunciata nel corso della messa nella basilica dedicata a San Giorgio "In pochi all’Eucaristia domenicale: tra il 5% e il 10%. Senza famiglia questa città continua a morire".

Il ringraziamento durante l’omelia pronunciata nel corso della messa nella basilica dedicata a San Giorgio "In pochi all’Eucaristia domenicale: tra il 5% e il 10%. Senza famiglia questa città continua a morire".

Subito il riferimento al patrono, San Giorgio, ma poi il ricordo di papa Bergoglio di cui, ieri, era l’onomastico. E’ cominciata così l’omelia dell’arcivescovo Gian Carlo Perego pronunciata nel corso dell’affollata messa della mattinata (animata dalla Comunità Shalom) nell’antica basilica oltre il Volano, dedicata appunto a San Giorgio.

In apertura il saluto del rettore del santuario don Giovanni Polezzo. Il titolare della nostra diocesi, da sempre vicinissimo a Francesco, ha voluto ricordarlo e ringraziarlo "per un Magistero ricco e profondo che ci ha orientati in questi dodici anni del suo Pontificato". Più avanti, citando l’enciclica Fratelli tutti, Perego affermerà che occorre rifuggire la tentazione di attuare "una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire l’incontro con altre culture, con altra gente".

Se questi sono stati i riferimenti diretti al Papa, altri passaggi dell’intervento dell’arcivescovo sono stati chiaramente in linea con l’insegnamento di Bergoglio: "La Chiesa che cresce dopo la Pasqua, che si diffonde nelle città – ha infatti osservato Perego – porta questo stile nuovo, di preferenza per gli ultimi, di prossimità, ma anche di amore alla verità e alla giustizia". Valori e stili, dunque, traslati nella realtà odierna e cittadina dove la fede giunse con i cristiani e si rafforzò nei secoli: "Una fede che era capace di lasciarsi guidare anche dall’intelligenza, dalla cultura e che ha generato santi, profeti, che hanno avuto il coraggio di scelte radicali": dalla Beata Beatrice d’Este a Santa Caterina Vegri, dal Beato Tavelli al profeta Girolamo Savonarola "che condanna l’usura e una politica che guarda solo l’interesse personale e familiare" fino "ai Servi di Dio del nostro tempo, Suor Veronica e Padre Marcello".

Poi una domanda diretta sulla quotidianità: "C’è ancora fede in questa città?" La risposta per l’arcivescovo "non può che essere positiva. La fede attraversa, senza clamore le strade, le case, le famiglie, le chiese, i monasteri. E’ una fede di pochi? Non sono pochi che hanno la fede, forse sono pochi quelli che frequentano l’Eucaristia domenicale: tra il 5% e il 10%! Ma anche loro sono un tesoro della nostra città: un tesoro di fedeltà, di preghiera, di partecipazione alla vita delle nostre comunità parrocchiali e unità pastorali, di volontariato, di lavoro e di impresa, di sofferenza nelle case di cura, di fatica educativa".

Infine l’analisi: "Forse c’è bisogno che questa fede, soprattutto di tanti laici, diventi più vita, movimenti maggiormente la nostra vita ecclesiale e sociale almeno su alcuni temi importanti per la vita della città: la solidarietà verso i più poveri, la lotta a ogni forma di violenza e l’impegno educativo per la pace, la cura degli anziani, la partecipazione alla vita politica, a partire dal voto".

Sullo sfondo i problemi di sempre. La denatalità crescente e la vita che muore. E ancora: la famiglia con le sue difficoltà: "Senza famiglia la città continua a morire. Sulla famiglia cristiani e non cristiani si devono interrogare insieme". La concretezza della fede incarnata: "La famiglia ha bisogno di una casa. Il tema, vitale, non può essere lasciato solo al mercato, ma ha bisogno di un nuovo impegno pubblico". Alla famiglia occorre anche "un ambiente curato, non inquinato e luoghi educativi che la supportino". La scuola dal canto suo non basta ma va affiancata da "associazioni e centri giovanili, esperienze diverse, sportive, musicali, la stessa contrada che offrano non solo luoghi, ma cammini educativi, relazioni importanti per la crescita e le scelte dei giovani, con figure educative al fianco".