Una busta anonima abbandonata sull’asfalto di una piazzola lungo la Superstrada. Una macchina che si ferma e la raccoglie mentre, tra i cespugli, i carabinieri attendono in silenzio il momento di fare scattare le manette. Sono fotogrammi da film d’azione quelli che hanno rappresentato il primo punto di svolta nell’inchiesta per il tentativo di estorsione ai danni di un imprenditore agricolo. L’indagine dei militari ha portato a un arresto in flagranza e un obbligo di firma a carico dei due presunti responsabili, un 48enne e un 50enne ferraresi (assistiti dagli avvocati Simone Bianchi e Patrizia Micai).
I giorni di ansia per la presunta vittima iniziano il 13 agosto. Quel giorno riceve un messaggio da parte di un numero sconosciuto. La richiesta è di quelle che fanno gelare il sangue. Sessantamila euro da consegnare in varie tranche e in una busta chiusa, pena pesanti ritorsioni sull’azienda di famiglia, sulla vittima e sui suoi familiari. Per rendere la minaccia più credibile, il ‘telefonista’ fa capire al malcapitato di essere in grado di osservarlo e di monitorarne gli spostamenti. L’imprenditore però non si lascia intimidire e corre dai carabinieri che iniziano a preparare la trappola. L’attesa dura poco. Il 16 agosto i ricattatori si rifanno vivi con un nuovo messaggio e l’indicazione del giorno e dell’ora in cui consegnare la prima tranche, 15mila euro. L’appuntamento è per quella sera stessa in una piazzola della Ferrara-Mare, tra Cona e Gualdo. L’imprenditore arriva sul posto con una busta piena di carta. Come concordato, la lascia sull’asfalto e si allontana. Poco dopo un’auto bianca accosta. Scende un soggetto che che recupera la busta e la controlla. Quando si rende conto del contenuto, ormai è troppo tardi. I carabinieri escono e lo arrestano in flagranza per tentata estorsione (ora è sottoposto all’obbligo di firma). Parallelamente, partono gli accertamenti per risalire al complice. Le indagini arrivano a un cellulare intestato a un prestanome pachistano. Sarebbe quello usato per le richieste estorsive. Il passo successivo è arrivare all’utilizzatore del telefono, un 50enne, al quale nelle scorse ore è stato applicato l’obbligo di firma. "Valuteremo se impugnare l’ordinanza" è il commento lapidario dell’avvocato Micai.