In aula raccontata la svolta dopo l’assalto con il machete

Un’altra udienza ieri del processo alla mafia nigeriana. Al banco dei testimoni ancora il funzionario della polizia di Stato, Michele Rossini. Davanti al Tribunale in composizione collegiale, Rossini ha ripreso il filo delle indagini per ricostruire la parte dell’operazione Signal che ha riguardato il territorio provinciale. A partire dall’ormai famoso agguato col machete in via Morata, che portò al gravissimo ferimento di Stephen Oboh, il nigeriano appartenente alla fazione degli Eiye, contrapposta a quella degli ArobagaViking finita sotto processo. Oboh il 30 luglio del 2018, fu vittima di un tentato omicidio, delitto per cui già alcuni appartenenti ai Viking erano stati arrestati e condannati. Ma l’intento di ucciderlo o comunque di costringerlo ’a lasciar perdere’ la guerra per lo spaccio su Ferrara era ben presente nelle intenzioni dei Viking e in particolare del capo supremo in città e provincia, del "Re di Ferrara", Emmanuel Okenwa, detto Boogye. Una convinzione che emerge chiaramente dalle intercettazioni tra il dj di musica afro-beat, arrestato a Verona il giorno successivo al maxi blitz della squadra mobile di Ferrara nell’ambito dell’operazione ’Signal’ e alcuni affiliati della stessa associazione, anzi confraternita come la definiscono loro stessi. Ed è proprio dalle intercettazioni seguite al tentato omicidio che hanno preso il via le indagini sui collegamenti tra gli Arobaga estensi e gli affiliati in altre parti d’Italia e in Nigeria. E’ il 9 maggio 2019 quando Boogye parla al telefono con Degbola e dice "se non gli faccio male il 26, non sono un Arobaga", per poi ribadire fermamente che "deve ammazzarlo".