di Laura Guerra Senza pubblico, blindato, super controllato, criticato ma amato, il Festival di Sanremo rimane la più grande e iconica kermesse della musica italiana, con un palco che ha fatto la storia, calcato dai più grandi cantanti internazionali. Su quel palco nella serata della finalissima e al fianco del superospite Umberto Tozzi, è salito il centese Ricky Roma, grande batterista da 20 anni con la star, attualmente anche con Raf e che vanta collaborazioni con Anastacia, Morandi, Fogli, Gazzè, Pupo, Leali, Masini e Ruggeri. Ha affrontato tournèe mondiali e stadi pieni di pubblico ma per lui, è stata la prima volta al Festival. Debutto in un anno particolare, com’è stato? "All’Ariston avevo suonato 4 volte ma mai al Festival. E’ stata la prima volta e in 34 anni di carriera, non mi era mai successo di provare la sensazione micidiale che ho avvertito e che mi ha fatto capire cosa porta i cantanti a non essere perfetti nelle loro esibizioni. E’ un palco che mette una soggezione pazzesca, anche senza pubblico, perché quando vedi accendersi la luce rossa della telecamera, sai che dall’altra parte hai 14 milioni di telespettatori ad ascoltare e criticare. Anni fa andammo con Tozzi in Canada per un importante concerto in mondovisione con 20milioni di telespettatori, ma non mi aveva fatto lo stesso effetto di Sanremo, dove sai che a guardare ci sono anche famiglia e gli amici". E suonare con la platea vuota? "Non c’era pubblico ma non ho sentito questa mancanza perché è un teatro piccolo, avevano ampliato il palco e davanti c’erano i 50 elementi dell’orchestra oltre alle maestranze, tecnici e fotografi, discografici. Passato il primo momento, ho pensato solo a suonare, a dare il massimo per Umberto in un passaggio televisivo che aveva un peso importante". Una sorpresa esserci? "Non era prevista la presenza di noi musicisti, ma ...
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