Caccia al killer, i figli di Verri: "Verità su nostro padre" / FOTO

Parlano i figli del volontario ucciso: "Minniti ci ha promesso che cattureranno quel killer"

I figli di Verri (foto Businesspress)

I figli di Verri (foto Businesspress)

Ferrara, 22 aprile 2017 - «Caro ministro, noi siamo gente per bene e non sappiamo nemmeno come rivolgerci a lei. Siamo distrutti dal dolore per la perdita di nostro padre. Era un volontario al servizio del bene comune. Noi le chiediamo soltanto due cose: che venga preso quell’assassino, ma le chiediamo anche di fare chiarezza su tutta questa vicenda e su come mai nostro padre possa esserci trovato indifeso in quella terribile situazione. Nostro padre è morto, signor ministro».

Un foglio a quadretti, scritto in stampatello e firmato «famiglia Verri Valerio». Con la massima semplicità, quella che rappresenta Emanuele e Francesca, i figli della guardia volontaria uccisa da Norbert Feher, alias Igor Vaclavic. «L’abbiamo consegnata al ministro Minniti – spiegano con dolcezza –, lui ha chiesto di incontrarci. Abbiamo conosciuto una persona molto cordiale, disponibile, molto seria. Ci ha promesso che i suoi uomini non molleranno fino a quando quell’assassino non verrà preso». Vi do la mia parola d’onore, ha assicurato il capo dell’Interno stringendo ieri a Molinella le mani dei due ragazzi. E quando tutto sarà finito, ha aggiunto Minniti, vi voglio rivedere, voglio conoscere vostra madre, dirvi tutto quello che è successo.

Già, tutto ciò che è successo da quel maledetto pomeriggio dell’8 aprile quando Francesca apprese da facebook della sparatoria in via Mondo Nuovo, con il telefono del babbo che continuava a squillare a vuoto. Capire perché il padre si trovasse in quella zona del Mezzano, con quel pazzo armato là fuori ricercato per omicidio (quello di Fabbri a Budrio l’1 aprile) e per l’agguato al vigilante di Consandolo, il 29 marzo, sfiorato dai pallini di un fucile. «Non ci sentiamo soli – riprendono i due – ma spiazzati sì. E parecchio. Ci sembra di essere davanti alla tv e guardare un film. Nostro padre, un volontario senza armi, non doveva essere lì». Non solo. Perché poi, si chiedono i figli, il servizio di pattugliamento nelle aree boschive degli agenti della Provinciale, ma soprattutto dei volontari, è stato sospeso solo dopo l’assassinio di Verri e non prima? «L’allarme non c’era già dopo i fatti di Budrio?». Gli occhi di Francesca si illuminano quando ricorda la figura del genitore: «Un uomo serio, spensierato, che cercava sempre di darci forza». Come quando lei gli diceva che fare il volontario era diventato pericoloso, soprattutto dopo gli ultimi fatti. «Gli dicevo che doveva zappare la sua terra o sistemare i motori, lui rispondeva che dovevo stare tranquille. E quando guardava il telegiornale si arrabbiava perché quel killer non era ancora stato preso». Fare la guardia volontaria, dal 2013 era la passione del 62enne di Portomaggiore, «quando fermava i pescatori di frodo era contento ma mai ci svelava la loro identità. Segreto professionale, ci stoppava».

La mattina dell’8 era sereno come sempre. «Doveva entrare in pattuglia alle 13 – ricorda ancora la donna –, ci siamo sentiti al telefono ma mai avrei pensato che quella sarebbe stata l’ultima volta». Ora, gli fa eco Emanuele, «tornare alla vita normale sarà difficile. Mettersi in giardino di sera impossibile. Alle 19 chiudi le finestre e aspetti il ritorno della luce». Perché il buio fa paura, perché nel buio continua a nascondersi l’assassino di loro padre. Quel lupo solitario che il ministro ha promesso che verrà catturato. E presto.