I Buskers sono arrivati in città. Uno degli eventi più attesi da cittadini e turisti ha preso il via nella nuova location. Camminando tra le vie del Quadrivio dell’Angelo è possibile osservare gli artisti che si perdono in mezzo alla folla, tra lo stupore e l’attesa degli spettatori. Questa è un’edizione particolare, che già prima del suo inizio ha sollevato critiche e dibattito. Non tutti hanno apprezzato l’introduzione del biglietto, nè il cambio di scenario rispetto all’evento ‘diffuso’ nelle vie del centro. "Veniamo da più di 15 anni – dicono Susanna Magalini e Marco Cavallini, da Verona –. Per noi il biglietto non è un problema, ma troviamo macchinoso scaricare App, inquadrare Qr code e aprire file per conoscere un semplice orario. Inoltre – aggiunge lui –, il centro è un’ambientazione molto più romantica, qui ci sentiamo chiusi e bloccati".
Della stessa opinione sono anche Leonardo Molinari e Beatrice Barbato: "É il mio secondo festival – asserisce il ragazzo –, e mi ricordo che negli anni scorsi si respirava un’aria diversa. Non ci siamo sentiti liberi di muoverci ed esplorare come si poteva fare in piazza gli scorsi anni". Le polemiche non si esauriscono qua e c’è chi pensa che fare pagare un biglietto sia "antitetico rispetto allo spirito dell’evento". Così esordisce Marco Andreotti, da Rovigo, che è un affezionato dei Buskers. "Oltretutto – commenta – mi viene da pensare alle attività in questi momenti. Nelle edizioni scorse potevamo usufruire dei servizi dei bar e ristoranti in piazza e poteva essere per loro un motivo di guadagno. Ora sono stati tagliati fuori del tutto". Le opinioni degli spettatori sono contrastanti, ma quasi tutti concordano che il trasferimento dell’evento sia stata una perdita in termini di atmosfera e un’ostacolo alla curiosità nell’esplorare la città. Anche chi viene da più lontano è a conoscenza del polverone mediatico che questa nuova edizione ha sollevato tra la gente. "Ho saputo che c’è stato molto dibattito in merito alla questione – precisa Giuliano Brocchiri, che ha guidato da Caserta, solo per essere presente –. Vengo da fuori ma è la prima volta che partecipo. Ho sentito persone che dicono che preferivano le scorse edizioni perchè erano gratuite. Secondo me è troppo comodo parlare senza conoscere i costi dell’organizzazione. Su una cosa sono categorico, l’arte si paga".
Tra le opinioni contrastanti degli spettatori gli artisti si preparano per iniziare le loro esibizioni, sorridenti e in buona compagnia. "Suoniamo per strada da diversi anni – dicono gli ’Italian beatbox family’ –, ma questo senso di comunità con gli altri buskers non capita quasi mai, in pochi giorni diventiamo una grande famiglia". Nonostante la giovane età Simon e Lisa non sembrano sentire la pressione di suonaredavanti al pubblico. "Al contrario – commenta la ragazza –. La connessione con gli spettatori è ciò che rende magiche le nostre performance".
Francesco Ferraccio