"La falconeria, un inno alla libertà"

Giovanni Granati è uno dei tre protagonisti di ’Overland Movie’, il film in corsa al Ferrara Film Festival

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di Laura Guerra

FERRARA

"Quando un falco viene liberato continua ad avere una connessione con l’uomo ma in qualsiasi momento può decidere di riprendersi la libertà. Ci insegna che anche l’uomo può fare questa scelta". Un’arte antica quella del falconiere abruzzese Giovanni Granati, volto noto in tv e sui social per i suoi wild concert e le suggestive passeggiate nella zona di Civitella del Tronto, ma anche per essere uno dei tre protagonisti di Overland Movie, pellicola in lizza per il Dragone d’oro del Ferrara Film Festival. In anteprima europea il 3 giugno all’Apollo, la pellicola firmata da Helisabeth Haviland James e Revere La Noue era stata presentata al Santa Barbara Film International in California. "E’ il primo vero documentario internazionale sull’arte della falconeria – racconta Granati - ma non è solo questo. E’ la storia di tre personaggi in contrasto con i principi della società moderna, in sofferenza verso una società che mette dei vincoli a quella che invece è la libertà".

Girato in quattro continenti racconta le storie di tre falconieri che lottano per proteggere la loro antica tradizione e il legame più profondo con la natura selvaggia, portando in luoghi remoti e mostrando il volo di aquile e falchi che palpita di libertà, coraggio, avventura. "La mia parte è particolare: oltre a trattare la storia medievale e collegarsi con la figura di Federico II di Svevia portando lo spettatore in diversi luoghi Italiani, c’è anche una relazione diretta con mio figlio – racconta – un dualismo che il regista ha voluto esaltare anche per raccontare il rapporto tra Federico e il primogenito Manfredi. Un film capace di abbracciare tutto il mondo, da Roma agli Emirati, la falconeria, la sua evoluzione e le tante sfaccettature parlando di filosofia, di vita, di natura". Un film che si pone obiettivi importanti. "Quando qualcosa è poco noto, viene anche additato ma quando è conosciuto è più facile rispettarlo – spiega -. Il mio obiettivo era far conoscere ciò che faccio e, in qualche modo tutelarlo, renderlo più accessibile all’opinione pubblica". Arte della falconeria che oggi è sempre più difficile praticare anche a causa di divieti come quello imposto a Granati di non far volare le aquile nel parco nazionale del Gran Sasso, paradossalmente, in quello che sarebbe la terra naturale dei rapaci. "Io vado avanti per la mia strada ma sta diventando sempre più difficile: siamo una minoranza e si stanno creando correnti filosofiche distorte – dice -. Diventa dunque sempre più complicato applicare qualcosa di antico, collegato alle nostre identità, in quest’epoca dove di identità ne rimane davvero poca".

Un mondo che lo ha ammaliato portandolo a una vita di dedizione continua. "Stavo passando un brutto momento ed è stato un falco a riuscire a darmi il coraggio e la forza che mi mancava – prosegue –. Dei rapaci sono attirato dalla loro capacità di interpretazione delle correnti, dal rapporto che riescono a instaurare con la natura, da come il mondo si interrompe quando vola un’aquila. Loro sanno esattamente quali sono i miei comportamenti e io mi adatto ai loro". E per la città è un modo di riscoprire un’arte antica che è stata riconosciuta patrimonio Unesco, portata allo splendore dagli Sforza, i Gonzaga e gli Este. Arte ricordata nei testi che raccontano di Ercole d’Este che nel 1472 fece realizzare un’area per la falconeria ducale o nei dipinti di palazzo Schifanoia che ne mostrano la grande passione di Borso d’Este. "E’ la prima volta che vengo a Ferrara e ho voglia di conoscere questa bella città d’arte e di cultura – conclude – una terra per la quale sento un legame oltre quello della falconeria: so cosa avete passato col sisma perché io ho vissuto sulla mia pelle quello de L’Aquila. Mi aveva distrutto la vita ma me l’ha anche cambiata perché è stato in quel momento che ho trovato la forza per trasformare la mia passione in un lavoro".