
Rifessioni dopo le celebrazioni del 27 gennaio, tra i ricordi e la triste attualità, con lo sfregio al murales con Bruck, Modiano e Segre
Venturi
In questa complessa Giornata della Memoria, che si è celebrata anche quest’anno suscitando commenti, azioni, riflessioni molto diversificate e a volte fuorvianti, vorrei riprendere il discorso che da sempre ho instaurato con e sull’ebraismo partendo da un’ottima riflessione che l’amico Fiorenzo Baratelli scrisse nel 2016: “Il riconoscimento dell’unicità dello sterminio nazista di un popolo e di altre comunità; la presenza di tante forme di antisemitismo nel modo di ragionare sugli ebrei. Bisognerà fare attenzione affinché l’evento annuale non si trasformi in celebrazione retorica”.
Fiorenzo, amato allievo dell’Istituto Tecnico “Vincenzo Monti” di Ferrara, dove ebbi come colleghi membri della famiglia di Paolo Ravenna, tra le più illustri dell’ebraismo ferrarese. Riflettere dunque sul mio incontro-scontro con l’ebraismo, con quello che una parola di Giorgio Bassani ha chiamato loro e che ancora fa parte del mio mai interrotto rapporto, appunto, con loro e darne una risposta che diventa ed è necessaria. Partendo dal mio privato, quando la nonna che mi trasmise il suo cognome rivelò a mia madre che il nonno paterno, che non riconobbe la paternità, era tra i maggiori editori ebrei italiani provocò in me una curiosità che non ho mai voluto risolvere quando, appunto, bastava e basterebbe verificare nell’archivio dell’ospedale milanese il riconoscimento firmato dal nonno.
Fino ad ora non ho avuto né la forza né la volontà di ottemperare a questa verifica ma mi porto addosso il senso di questa filiazione. Il caso, o meglio l’imponderabilità del destino, ha voluto poi che io passassi 25 anni della mia vita giovanile in un luogo “magico”: a Bellosguardo ospitato e trattato come un figlio dalla proprietaria, Patricia Volterra, e qui ho conosciuto personaggi straordinari. Primi fra tutti Riccardo e Cristina Muti. Ma altri e fondamentali rapporti s’instaurarono con un amico, poi divenuto collega all’Università di Firenze, Guido Fink, compagno di scuola di mio fratello e ben presto per le sue passioni e interessi tramite importantissimo con il mondo ebraico fiorentino. Recentemente un libro di grande impatto etico e culturale ha riproposto la lunga vicenda della famiglia Fink. È stato scritto dal figlio di Guido, Enrico, che ho conosciuto bambino e che già nel titolo propone a differenza del concetto ebraico che la discendenza è assicurata dalla madre la sua “patrilineare”: Enrico Fink, Patrilineare. Una storia di fantasmi, Lindau, Torino, 2025. Gli ignobili episodi che hanno portato una banda di… (non so quale categoria di persone siano) ad imbrattare le immagini di Liliana Segre, di Edith Bruck, di Modiano che assieme ad altri italiani sono gli ultimi testimoni dell’Olocausto, hanno portato il presidente Mattarella a pronunciare un’affermazione che ben coglie la complessa situazione della giornata della Memoria: “Auschwitz è intorno a noi . Il virus serpeggia ancora ricordando agli ultimi testimoni della Shoah presenti in sala quanto siano preziose le loro parole “mai di odio”. E la memoria mi riporta all’incontro con la mia amatissima Morante e al suo inflessibile memento cioè che il libretto a lei dedicato si sarebbe potuto editare solo con l’approvazione di Natalia Ginzburg. E così fu.
La memoria che ancora sorregge l’impatto lieve e amato con il mondo ebraico mi porta a parlare della mia conoscenza con Edith Bruck con la quale progettammo la sceneggiatura di un film che avrebbe dovuto dirigere suo marito Nelo Risi tratto da una famosa novella ebraica. Furono giorni straordinari che mi fecero conoscere una persona di altissima caratura quale è stata ed è ancora Edith con cui dialogammo spesso al Meis ferrarese e che ora ha pubblicato un libro straordinario quale è La donna dal cappotto verde, la Nave di Teseo, 2025 da cui traggo questo insegnamento tratto dal risvolto di copertina: “In un romanzo senza sconti, Edith Bruck s’interroga non solo sul tema della memoria e della testimonianza, ma anche sul dilemma tra il rancore del ricordo e il sollievo del perdono”. La fondamentale lezione di questo Giorno della Memoria. Altri autori mi stanno accompagnando in questa riflessione. Alcune ristampe di testi amatissimi quali quello di Isaac Bashevis Singer, Alla corte di mio padre, Adelphi, 2024; o Sándor Márai, Bêbi il primo amore, Adelphi 2024.
E per concludere l’omaggio alla memoria ho appena cominciato a leggere l’ultimo libro, splendido, di Lia Levi, E se non partissi anch’io, edizioni e/o, 2024 presentato proprio dalla moglie di Daniele Ravenna. E il cerchio si sta per chiudere non sui ricordi ma sul segno e senso della perenne Giornata della Memoria.