
Il Comitato 2005-2025 annuncia una serie di iniziative per l’anniversario "Da quel giorno poco è cambiato, pestaggi e violenze continuano ancora".
Bianchi
Il 25 settembre saranno 20 anni esatti. Vent’anni: dall’arrivo, all’alba, di due volanti, Alfa 2 e Alfa 3, nel parchetto di via Ippodromo. Da una "violenta colluttazione con quattro agenti armati di manganelli". Da una morte, scrisse il giudice Francesco Maria Caruso, "quella di un ragazzo di 18 anni incensurato, di immediato rilievo giudiziario". Quella di Federico Aldrovandi, semplicemente Aldro. Lacrime, rabbia, errori, si mescolarono a mancanze, indagini che sfociarono in altre indagini, burrascose polemiche che squarciarono e spaccarono Ferrara. Fino alla condanna per quell’azione di polizia definita, nelle 576 pagine di prima sentenza, "un errore macroscopico", a 3 anni e 6 mesi per i quattro agenti, divenuta definitiva e impressa nella pietra. "E oggi – spiega Andrea Boldrini, amico di Aldro – tutti noi abbiamo il dovere di trasmettere la sua memoria agli altri, ai giovani e questi ultimi a chi verrà dopo di loro. Vogliamo fare della memoria un atto politico, uno strumento per interrogare il presente, per costruire consapevolezza e cambiamento".
Andrea, assieme a Scaglianti, altro amico di Aldro, e al giovanissimo Tommaso Lanzoni, 20 anni, sono i volti del Comitato Federico Aldrovandi 2005-2025, presentato ufficialmente ieri e promotore di una serie di iniziative spalmate durante il ventesimo anniversario della morte del 18enne. "Un momento per riflettere – prosegue – su cosa sia cambiato e cosa no, nel rapporto tra Stato, forze dell’ordine e cittadinanza. Un confronto per costruire alleanze, resistenze e nuove campagne comuni. Perché la memoria non sia solo ricordo, ma leva di cambiamento".
Già, ma qualcosa è cambiato da quella tragedia? Secondo Boldrini "non molto, purtroppo". Perché "continuano a verificarsi abusi e violenze nei confronti di giovani, persone marginalizzate, migranti". E la repressione "del dissenso è tornata ad essere abusata, come mostra chiaramente il nuovo decreto sicurezza". All’inizio, sottolinea, "avevamo fiducia nel precedente giuridico creato dal caso Aldrovandi", ma "non è stato così". Ciò che è mutato, invece, "è l’aspetto mediatico, anche grazie alla diffusione dei social". Si parla di Ramy Elgaml, il 19enne morto in un incidente in scooter durante un inseguimento dei carabinieri, senza dimenticare poi i casi di Stefano Cucchi, Michele Ferrulli, Riccardo Rasman. "Tragedie che non dovrebbero mai più accadere" e noi, come cittadini, "abbiamo il dovere di tenere gli occhi aperti". Ecco, dunque, il Comitato pronto a ripartire da basi solidissime. Nel 2006, attorno al blog aperto da Patrizia Moretti, mamma di Federico, nacque il Comitato Verità per Aldro, "uno spazio fondamentale di mobilitazione, denuncia, ascolto e informazione" che, grazie "alla rete di affetti, cittadini, attivisti e curve calcistiche, contribuì a mantenere viva la pressione mediatica e sociale, fino alla verità giudiziaria". Dopo la sentenza definitiva – era il 21 giugno 2012 –, il percorso si trasformò in Associazione Federico Aldrovandi, e "oggi noi raccogliamo quel testimone e rilanciamo per rimettere al centro il bisogno di giustizia, il controllo democratico delle forze dell’ordine, la libertà di dissenso e il rispetto dei diritti umani".
Tommaso Lanzoni aggiunge: "La violenza di 20 anni fa la vediamo anche oggi. Battaglie come quella per la body cam e il numero identificativo sulle divise delle forze dell’ordine, continuiamo a portarle avanti con le associazioni internazionali". Da Scaglianti l’appello alla cittadinanza: "Tutti sono invitati alle nostre iniziative e nel Comitato, il percorso è condiviso, di nostro non c’è nulla tranne il dolore di aver perso un amico". Ieri, chiude Boldrini, i ragazzi hanno incontrato il sindaco Alan Fabbri per presentare il programma di avvenimenti: "Da lui abbiamo trovato molta disponibilità, a testimonianza di come sia trasversale una vicenda come quella di Federico Aldrovandi".