"La morte di Marcello poteva essere evitata"

Omicidio Cenci, il fratello della vittima: "In paese tutti sapevano ma non è stato fatto abbastanza. Io vivo con il senso di colpa".

Migration

di Federico Malavasi

"Io vivo con un forte senso di colpa. C’erano mille modi per gestire la situazione senza arrivare all’omicidio di Marcello. Ma nessuno ha fatto fino in fondo quello che si doveva fare". Giulio Cenci, fratello di Marcello – il giovane di Pontelagoscuro assassinato a Valencia dall’ex amico Eder Guidarelli Mattioli –, a pochi giorni dal terzo anniversario del delitto torna con la mente a quei giorni tragici.

Cenci, come ha vissuto questi tre anni senza suo fratello?

"La prima fase è stata particolarmente impegnativa. Mi sono occupato di impostare l’attività dei legali e di aiutare i miei genitori in questo compito. Tutto ciò mi ha impedito di vivere la morte di mio fratello in maniera libera. Ho ‘congelato’ una serie di emozioni, con diverse ricadute, anche sulla mia vita personale".

E poi cosa è successo?

"A un tratto ho riscontrato una serie di situazioni caratterizzate da una scarsa collaborazione sia da parte del ‘sistema’ che da parte dei legali. Insomma, non eravamo allineati sulla individuazione delle responsabilità e sui metodi per fare giustizia".

Cosa intende?

"Tutta l’attività si è concentrata su quello che ha fatto Eder, persona capacissima di intendere e volere. Nonostante denunce, querele e una causa per stalking, ha deciso di compiere una serie di azioni. E credo non sia stato fatto tutto il possibile per impedirlo. Quello che è successo a mio fratello poteva succedere anche ad altri".

Ritiene che ci siano responsabilità di qualche tipo che vanno al di là di quella di Guidarelli?

"Diciamo che quello che stava avvenendo era sotto gli occhi di tutti. Comunità di Pontelagoscuro, amici, parenti, conoscenti. Ritengo che ci fossero persone che potevano e dovevano agire. E mi ci metto in mezzo anche io, per primo".

Non si può però accusare un’intera comunità di quanto accaduto...

"Ripeto, la prima autocritica la faccio su me stesso. Ma c’erano mille persone che sapevano e mille persone che potevano fare qualcosa. Una comunità ha delle responsabilità. Ma mi pare ci sia chi vuole lavarsene la coscienza".

Che cosa imputa a se stesso?

"Ho preso in mano la situazione di Marcello poco prima che morisse, forse troppo tardi. Ora penso che la famiglia Cenci non abbia solo dei diritti ma anche dei doveri. Il nostro compito è quello di accendere una luce su vicende di questo tipo, per evitare che possa capitare ad altri".

Quando è stata l’ultima volta che ha visto Marcello?

"Poco prima che morisse. Mi disse ‘Giulio, fidati del sistema’. E io gli diedi ascolto. Questo non mi lascia libero di vivere senza senso di colpa".

Se potesse tornare indietro a quel momento cosa farebbe?

"In primo luogo cercherei di capire meglio e dare più attenzioni e più amore a mio fratello. Poi tenterei di coinvolgere la comunità, sollevando il problema con lo scopo di tutelare tutti. Non solo mio fratello, ma anche lo stesso Eder".

Che sentimenti prova nei confronti di Guidarelli?

"Non posso perdonarlo ma nei suoi confronti non provo rabbia. Si è rovinato la vita da solo".

Vorrebbe incontrarlo?

"Ho fatto richiesta per ben due volte alla casa circondariale. Ma per qualche ragione mi è stato negato il colloquio. Per capire io ho bisogno di vedere in faccia Eder. Sono un ingegnere e devo confrontarmi con fatti oggettivi".

Cosa ha pensato quando la corte d’Appello gli ha dimezzato la pena?

"Si sapeva che sarebbe finita così. Ho provato pena per i miei genitori. Eder farà pochi anni di carcere e poi uscirà, diventando di nuovo pericoloso. Non solo per gli altri ma anche per se stesso".