"La preghiera è lasciare che lo sguardo di Dio si posi su di noi"

Il Vangelo di oggi ci presenta

la parabola di due uomini che fanno entrambi un gesto religioso bello ed importante: pregano. Pregano, cioè dialogano con Dio, si confrontano con Lui, gli presentano la propria esistenza, custodiscono la sua presenza nella propria vita. Ma Gesù sembra dirci che non qualsiasi preghiera ci fa entrare veramente in relazione con il Padre: non basta rivolgersi a Lui per poterlo incontrare. Si potrebbe pensare che la preghiera gradita a Dio è quella dell’uomo giusto, pio, osservante e praticante. Non è così. E non è così perché l’uomo giusto, il fariseo, nasconde dentro le sue pie parole un profondo disprezzo verso tutti coloro che non sono giusti come lui si sente di essere: gran parte del tempo che passa con Dio lo usa per elencare i peccati degli altri, che gli servono per dimostrare quanto lui sia migliore. Ma la preghiera non è dimostrare a Dio quanto siamo bravi, quanto piuttosto lasciare che il suo sguardo si posi su di noi, sulle nostre miserie, senza timore. La preghiera non è dire formule, o parole, ma coincide con quel momento prezioso e raro nella nostra vita, in cui semplicemente siamo noi stessi davanti al Padre, nella verità; quando smettiamo di nasconderci dietro le nostre maschere. È quello che fa il pubblicano: non ha niente da dimostrare, ma tutto in lui -parole, atteggiamenti, gesti- parlano di una speranza non riposta in se stesso, ma in Colui al quale si sta affidando: si ferma a distanza, abbassa lo sguardo, si batte il petto, domanda pietà. Dopo aver raccontato la parabola, Gesù la commenta, e dice che il pubblicano uscirà dal tempio giustificato, a differenza del fariseo. Ma cosa significa? Forse significa che chi si presenta a Dio sentendosi già giusto, non ha bisogno di niente, non chiede nulla a Dio, e Dio non può fare nulla per lui. Ma se qualcuno va al Padre con le proprie ferite, spoglio del potere della propria giustizia, su di lui Dio si china: così accade l’incontro con Dio. La giustizia che Dio ama, quindi, non è l’osservanza, ma la misericordia. E la preghiera che Dio ascolta non è la preghiera perfetta, ma la preghiera umile di chi sta nella verità davanti a Dio, di chi si lascia salvare.

Monache Clarisse di Ferrara