I rapporti tra noi uomini e donne sono spesso regolati in base a criteri di calcolo e di misura: ne è prova la domanda che apre questo brano di Vangelo, in cui Pietro chiede a Gesù quante volte dovrà perdonare. “Quante volte” è una domanda che dice il nostro modo di pensare, quello per cui nelle relazioni ci sarebbe un limite, oltre il quale non siamo tenuti ad andare. Pietro sta in fondo dicendo che c’è un limite al perdono, c’è un limite all’accoglienza, c’è un limite all’amore. È certo importante non avere misure piccole e a volte siamo portati a pensare che il nostro essere cristiani consista semplicemente nello spostare un po’ più in là la linea del limite, come se si trattasse di essere un po’ più buoni degli altri. Ma non è così. La parabola raccontata da Gesù ci dice che la questione è un’altra, ovvero entrare in una logica completamente diversa nel vivere le relazioni. Un uomo ha un enorme debito, qualcosa come trecento tonnellate d’oro. Viene l’ora di fare i conti, e quest’uomo chiede pietà al suo creditore, che subito si commuove e gli condona tutto; non gli rimanda il momento del saldo, non diminuisce la cifra del debito, ma gli condona tutto. Il servo della parabola non ha più, nei confronti del suo padrone, un debito in denaro, ma un debito in gratitudine, come uno che è stato salvato. Ma la parabola non finisce qui, e accade che questo stesso uomo, appena salvato dalla prigione insieme a tutta la sua famiglia grazie al condono ricevuto, incontra un suo compagno, che gli deve una cifra irrisoria, una cosa come mezzo chilo d’argento. Ci aspetteremmo che anche lui, con il cuore ancora pieno di gioia per la grazia ricevuta, abbia pietà del suo debitore, ma non è così: lo prende per il collo fino a quasi soffocarlo, non ascolta le sue richieste, non è capace di sentire compassione, lo fa gettare in prigione. Come può accadere questo? Nel proseguo della parabola, il padrone chiama quel servo malvagio, non per il debito che aveva avuto in passato, ma perché il dono non ha cambiato il suo cuore, perché la gratuità non è divenuto il suo stile di vita. Ed è interessante che alla fine il servo malvagio si ritrova di nuovo con il suo debito: perché la salvezza del Padre si compie non quando noi siamo perdonati, ma quando noi impariamo a perdonare: fino ad allora rimaniamo anche noi come in prigione, nella prigione della nostra illusione di vivere come persone che non hanno ricevuto nulla e non devono niente a nessuno. Solo il perdono ci salva da questa illusione e fa di noi persone libere.
Monache Clarisse di Ferrara