Lacrime all’addio di Gregnanini "Non perdono chi lo ha ucciso"

Strazio ai funerali in Certosa del dipendente comunale ammazzato nella sparatoria in piazzetta Schiatti. La moglie: "Ringrazio chi mi è stato vicino". L’assessore: "Abbiamo perso un collega ed un amico"

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di Mario Bovenzi

Roberto Gregnanini, 60 anni, dipendente comunale è stato ucciso una mattina mentre andava come ogni giorno a lavorare. A sparargli un collega, Michele Cazzanti, che venne arrestato a Cremona dopo una fuga di oltre sette ore. Gregnanini è spirato dopo sei mesi dalla sparatoria, un calvario per la moglie, per una città che fino all’ultimo si era aggrappata alla speranza, che voleva credere nel miracolo. Ieri mattina, alla Certosa, c’era in prima fila la moglie, Paola Trevisani, avvolta in una sciarpetta bianca quasi a lenire il dolore che l’ha straziata per mesi, che sente ogni giorno come un peso sul petto. Nel pomeriggio il cielo si è riaperto ma durante il funerale, a rendere quasi più tangibile la tristezza di una città, la pioggia continuava a cadere, una coperta grigia sulle strade e le case. "Abbiamo perso un dipendente, un collega, un amico", dice l’assessore Angela Travagli, la fascia tricolore, dal leggio a fianco dell’altare. Cercando di trattenere la commozione che affiora lungo il filo della parole. Quando guarda quei volti, la moglie, i dipendenti comunali con gli occhi rossi per le lacrime. "Quello che è successo – riprende – ci ha lasciato attoniti, costernati. Non abbiamo un perché. Nessuno avrebbe mai pensato ad una tragedia di queste dimensioni. Mentre andava a lavorare, come ogni mattina. Mentre faceva il suo dovere. E’ una ferita aperta per la città, questi mesi sono stati terribili". Lo sguardo sembra accarezzare la moglie, seduta in prima fila, la sorella. "Dobbiamo stringerci attorno ai familiari – sottolinea con affetto –, è stata una pardita per tutti. Grazie Roberto". E il ricordo va alle mattine in ufficio, a pochi passi uno dall’altro. Don Mario Bertieri benedice la bara, i fiori bianchi a fare da cornice. "Roberto – le sue parole – un nostro fratello che ha molto sofferto. Siamo davanti ad un mistero immenso, il mistero della vita e della morte. Solo coloro che credono in Dio potranno comprendere la verità. Per questo nostro fratello è il giorno del passaggio". La bara esce dalla Certosa, fuori ancora piove, il vento sembra voler mettere la sua firma in un giorno di dolore. La gente si allontana a capo chino, sotto gli ombrelli. Paola Trevisani è tornata a casa, chiusa nel suo dolore a poche ore dall’ultimo saluto dell’uomo che ha visto per un attimo sperare, soffrire ancora per sei mesi. "Mi dispiace non ho nulla da dire. Ringrazio tutti per l’affetto che mi hanno dimostrato", le sue parole al telefono. Un giorno perdonerà l’assassino di suo marito? "Assolutamente no".