Lettere, il giallo del ’patto segreto’ "Per Lodi ho anche lavorato in nero"

La consigliera Arquà parla di un accordo per assumersi la colpa di tutte le missive intimidatorie. La replica al sindaco: "Ho ammesso le mie reali responsabilità, ma sono una persona incensurata"

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di Federico Di Bisceglie

"Ho letto le sue pesantissime dichiarazioni su di me. Evidentemente ha dimenticato ( o fa finta ) chi è Rossella Arquà. Sono una persona incensurata che mai ha avuto a che fare con la giustizia, prima di incontrare il suo vice che, viceversa, non può certo dire altrettanto". Inizia così la lettera – affidata a un post sulla propria bacheca Facebook – la consigliera Rossella Arquà rivolge idealmente al sindaco Alan Fabbri. La replica arriva dopo la dura presa di posizione del primo cittadino che ieri, appresa la notizia della sentenza del Consiglio di Stato attraverso la quale Arquà dovrà essere reintegrata in Consiglio comunale, aveva definito la situazione "inaccettabile". "Sedere fianco a fianco a una persona colta in flagranza di reato e denunciata per minacce aggravate a un componente della Giunta – aveva scritto Fabbri – e pensare che questa persona possa rappresentare degnamente i cittadini in Consiglio Comunale ci sembra assurto e non rispettoso per i cittadini e l’istituzione". Pronta la replica della consigliera che, peraltro, ripercorre alcuni episodi personali che coinvolgono non solo lei ma anche il vicesindaco Nicola Lodi. "Lei – scrive Arquà rivolgendosi al sindaco – deve sapere che io ho sempre vissuto onestamente, con lavori umili e precari. Ciò fin dal giorno della nascita di mio figlio, oltre trent’anni fa. Lo stesso giorno in cui nasceva il mio bimbo, suo padre moriva bruciato in un incidente sul lavoro". I rapporti col vicesindaco Lodi. "Per Naomo Lodi – prosegue la consigliera nel suo post – ho fatto le pulizie in casa, nel suo negozio e pure da baby sitter. Tutto in nero, pur di poter guadagnare qualcosa. Ma sempre con onestà assoluta". E qui arriva il punto cruciale legato alle lettere anonime. "Non ho inviato io le lettere con i proiettili : ammette – e questo Naomo Lodi lo sa benissimo. Ho ammesso le mie reali responsabilità per quelle che, viceversa, ho inviato io".

Ma "se avete così paura di me ( cosa che mi fa sorridere) – seguita Arquà rivolgendosi a Fabbri – perché, quando è scoppiato lo scandalo il suo vice si è affrettato a propormi ’un accordo’ con il quale mi sarei dovuta assumere la responsabilità di tutte le lettere anonime comprese quelle che non ho inviato io?". La conclusione fa pensare che il finale di questa vicenda non si scriverà (solo) nell’aula del Consiglio Comunale, ma più probabilmente in un’aula di giustizia. "Se riterrà – taglia corto Arquà – ne parleremo in tribunale". La conclusione del post ha la forma tipica della lettera: "A presto sindaco – chiosa – Con assoluto rispetto". Poi la firma. E la dicitura eloquente: "Sua" consigliera.