Lotta al ‘caporalato’, ecco le maxi sanzioni per le aziende agricole di Ferrara e Rovigo

Stangata da oltre 700mila euro per le diciotto ditte finite nel mirino. Secondo le accuse impiegavano braccianti in condizioni di sfruttamento. Scoperti 159 operai in nero e irregolarità nei registri delle presenze

Le indagini sul ‘caporalato’ sono state condotte dai carabinieri

Le indagini sul ‘caporalato’ sono state condotte dai carabinieri

Ferrara, 25 marzo 2023 – Sfruttare i lavoratori può costare molto caro. Non solo dal punto di vista penale, ma anche da quello economico.

Dopo la mazzata sui tre ‘caporali’ finiti sotto la lente dei carabinieri nell’ambito dell’operazione ‘Zafira’, è arrivata la stretta anche per i titolari delle aziende agricole che avrebbero impiegato i braccianti in condizioni di sfruttamento.

Si parla di diciotto imprese, tutte finite sotto indagine e ora raggiunte anche da sanzioni amministrative per un ammontare complessivo di circa 700mila euro (somme già pagate dalle ditte).

La notizia delle maxi multe arriva a pochi giorni dai patteggiamenti degli intermediari irregolari (tre pachistani per i quali sono state disposte pene dai tre anni e tre mesi agli otto mesi di reclusione).

La stangata è il risultato dell’attività congiunta dei carabinieri di Portomaggiore, dei colleghi del gruppo Tutela del lavoro di Venezia e dell’Ispettorato del lavoro.

Le aziende sono state sanzionate per aver utilizzato personale in nero (si parla di 159 lavoratori impiegati senza contratto), oltre che per presunte irregolarità nella tenuta del libro unico del lavoro (registrazioni mancanti o non veritiere riguardo alle presenze e agli orari dei lavoratori in regola).

Sono stati inoltre svolti accertamenti fiscali che hanno quantificato in circa 32mila euro il recupero contributivo a fronte dell’evasione. Tutto questo si aggiunge ovviamente alle contestazioni in sede penale. Le società coinvolte (individuate o tramite ispezione o attraverso l’analisi documentale) si trovano tra le province di Rovigo (Canaro e Rosolina) e Ferrara (in particolare Comacchio, Mesola, Portomaggiore, Argenta, Poggio Renatico e Codigoro).

L’operazione ‘Zafira’ arrivò a conclusione nell’aprile del 2022 con l’esecuzione di tre misure cautelari a carico di altrettanti pachistani. Oltre agli stranieri, finirono nei guai anche i responsabili delle diciotto aziende, accusati di aver usufruito della manodopera reclutata dagli intermediari per il lavoro nei campi. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, il sistema si basava sullo sfruttamento di braccianti pachistani. I ‘caporali’ facevano leva sul loro stato di bisogno e sulla necessità di mantenere se stessi e le famiglie. I reclutatori sottomettevano gli operai ricorrendo all’intimidazione o alla minaccia di non farli più lavorare. Venivano così mandati a faticare nei campi con orari pesantissimi e paghe da fame. Il tutto, sempre secondo le ricostruzioni degli investigatori dell’Arma, con la consapevolezza degli imprenditori, che quotidianamente si accordavano con le controparti per il reclutamento dei lavoratori di cui avevano bisogno, tenendo i contatti con gli stessi ‘caporali’ a cui versavano le somme pattuite.

I metodi utilizzati dai reclutatori erano brutali. Ai lavoratori ritenuti indisciplinati veniva trattenuto il salario, mentre chi voleva uscire dal giro e denunciare veniva ripagato con la violenza o con minacce di ritorsioni.

Come anticipato, nei giorni scorsi il procedimento penale a carico dei ‘caporali’ è arrivato a un primo punto fermo. I tre (il capo del gruppo, il vice e il figlio del capo utilizzato come autista) hanno patteggiato la pena. Ora si attendono i pat teggiamenti per il secondo filone di inchiesta, che vedrà altri due intermediari comparire davanti al giudice.