Mafia nigeriana, la difesa in aula "Ma quali boss, ipotesi suggestive"

Dopo le richieste di condanna della procura, la parola passa ai legali degli imputati del processo ai Vikings "Assurdo il paragone con le cosche ‘nostrane’, nessuna segretezza, solidarietà tra affiliati o radicamento".

Mafia nigeriana, la difesa in aula  "Ma quali boss, ipotesi suggestive"
Mafia nigeriana, la difesa in aula "Ma quali boss, ipotesi suggestive"

"Assurdo" paragonare gli Arobaga-Vikings alle mafie ‘nostrane’ con accuse frutto di "molta suggestione". Dopo le richieste di condanna della procura per i diciassette imputati nel processo alla mafia nigeriana, la parola passa alle difese. L’udienza di ieri si è aperta con l’arringa dell’avvocato Bernardino Curri. Il legale, nel chiedere l’assoluzione dei suoi assistiti, ha cercato di smontare l’impianto accusatorio puntando il dito sugli snodi centrali della requisitoria del pubblico ministero Roberto Ceroni.

Secondo il legale, bisogna "evitare la comoda associazione tra la banda del machete" e il reato di associazione mafiosa. Il riferimento è a un passaggio delle conclusioni della procura, nel quale si descriveva il tentato omicidio di via Olimpia Morata ai danni di un membro di un clan rivale come un episodio che "trasuda mafiosità". Nulla di tutto ciò, secondo Curri. "Non si comprende la vera ragione dell’attacco – spiega il legale –, un’aggressione pianificata, ma commessa in una via appartata, a fondo chiuso", e non sotto gli occhi di tutti come affermato dalla pubblica accusa. Il ragionamento si sofferma poi sui vari ‘sintomi’ di una associazione mafiosa, come la riservatezza, la solidarietà tra affiliati e l’uso di linguaggio in codice. "Non c’è nulla di criptico nelle loro conversazioni – prosegue l’avvocato –, il Forum del clan altro non è che un gruppo Whatsapp". Per quanto riguarda l’omertà, il legale ricorda che gli episodi di violenza intercorsi tra nigeriani sono quasi tutti oggetto di denuncia, l’intimidazione rimane "limitata" alla comunità e la solidarietà di gruppo è sostanzialmente assente. "Questa non è mafia – tuona l’avvocato –. Manca l’elemento più importante, che è il radicamento sul territorio".

Quello emerso dalle indagini, incalza Curri, più che un quadro da cosca mafiosa è uno scenario di "miseria". Emmanuel Okenwa (alias dj Boogye, accusato di essere uno dei boss dei Vikings), "è stato arrestato a Verona e non aveva un centesimo in tasca". Alcuni testimoni, scandisce il legale, li hanno descritti come "‘bulletti che se la raccontano’. Questo sarebbe il prestigio e il metodo mafioso? Qui – chiude – si cerca di dare un senso autoritario a quattro disgraziati". Le arringhe difensive continueranno oggi con la conclusione, tra gli altri, dell’avvocato Laura Ferraboschi, legale di Boogye.

Federico Malavasi