
Il dibattimento è partito dalle indagini su alcuni centri cinesi della città . Cade un’aggravante, si alleggerisce la posizione di una delle donne accusate.
Con una frase in codice si poteva prenotare un ‘extra’ rispetto al servizio standard. Bastava chiedere una ‘pausa pranzo’ per ottenere – ovviamente pagando – una prestazione sessuale. Secondo le ricostruzioni di procura e polizia di Stato, dietro a quei centri massaggi ci sarebbe stato un ampio giro di prostituzione. Un castello accusatorio che ieri è approdato a processo. Due le imputate per sfruttamento della prostituzione, entrambe cinesi di 47 e 44 anni (assistite dagli avvocati Gianni Ricciuti e Guido Guida). La vicenda vedeva coinvolto anche un terzo imputato, che però ha patteggiato la pena (un anno e quattro mesi) in fase preliminare uscendo così di scena. Nella mattinata di ieri le due donne rimaste sotto accusa sono comparse davanti ai giudici del collegio. Per una di loro, il carico accusatorio si è alleggerito. Il suo difensore, l’avvocato Ricciuti, aveva infatti depositato una memoria evidenziando alcuni aspetti, tra i quali figurava la richiesta di far cadere l’aggravante della pluralità delle persone offese. La tesi del legale è che la sua cliente fosse vittima e non sfruttatrice. Valutati gli atti, il giudice ha quindi indicato al pubblico ministero di modificare in questo senso il capo di imputazione. Il caso è stato poi aggiornato al 29 ottobre, quando verranno ascoltati i testimoni della procura.
Il blitz. Era la primavera del 2022, quando in quelli che ufficialmente erano centri massaggi fecero irruzione gli uomini della squadra mobile. Al termine degli accertamenti, scattò la chiusura. I sigilli arrivarono al termine di un’intensa attività investigativa da parte della polizia di Stato, iniziata a gennaio 2021 e che, nel giro di oltre un anno, aveva interessato in tutto sei diversi esercizi. Il lavoro degli investigatori era consistito in appostamenti all’esterno dei locali sospetti e, parallelamente, nell’acquisizione di testimonianze di alcuni clienti. Agli avventori più assidui (quelli che richiedevano ‘l’extra’ con una frase in codice, asserendo di "andare a fare una pausa pranzo") era anche riservata una sorta di scontistica sulle prestazioni. Da quelle indagini nacque il procedimento penale che ieri è approdato a dibattimento davanti al collegio giudicante.
Federico Malavasi