Mazzette per le revisioni fantasma Sei autotrasportatori patteggiano

Ieri davanti al giudice Giacomelli hanno definito il proprio conto con la giustizia con pene che vanno da un anno e due mesi a un anno e nove mesi di reclusione. Altri 72 aspettano l’udienza preliminare

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di Cristina Rufini

FERRARA

Prime sentenze per l’inchiesta Ghost Inspection sulle mazzette pagate per ottenere le revisioni fantasma. Ieri mattina davanti al giudice Vartan Giacomelli, sei indagati hanno patteggiato la pena. A quattro anni dall’inizio dell’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Andrea Maggioni, con accertamenti di Polizia stradale e Guardia di finanza, è stato scritto il primo capitolo definitivo davanti a un giudice. A chiudere il conto con la giustizia sono stati sei autotrasportatori i cui mezzi erano stati ritenuti non idonei a viaggiare perché revisionati con prove fantasma, dopo aver pagato una tangente a due funzionari della Motorizzazione civile di Ferrara. Conto chiuso con pene che vanno da un anno e due mesi a un anno e nove mesi di reclusione. Tutti assistiti dall’avvocato Ciriaco Minichiello. "Finalmente, dopo quattro anni, siamo arrivati a una definizione – commenta il legale – e soprattutto siamo riusciti a ottenere le carte di circolazione dei mezzi che in parte sono stati revisionati regolarmente e in parte sono stati demoliti".

Si tratta, appunto, delle prime sei sentenze di condanna, pur se con pena concordata con il pubblico ministero. Dovrebbero esserci altri trenta indagati che hanno scelto di patteggiare, mentre per i restantgi settantadue, il pubblico ministero Maggioni, a maggio scorso, ha chiesto il rinvio a giudizio. Siamo in attesa che venga fissata la data di trattazione davanti al giudice dell’udienza preliminare. Si era invece già definita la posizione di altri centoventi indagati con l’archiviazione: soggetti che il magistrato ha spiegato erano stati doverosamente indagati per accertare la loro posizione, ma che poi erano risultati estranei ai fatti.

L’operazione Ghost inspection portò nell’ottobre del 2020, all’esecuzione di sette ordinanze di custodia cautelare per le accuse di corruzione e falso. Il presunto sistema, secondo gli inquirenti, ruotava intorno a tre persone: due dipendenti della Motorizzazione oggi licenziati, Cesare Franchi ed Edoardo Caselli, e il titolare di un’agenzia di pratiche auto, Alessandro Barca. Secondo l’impianto accusatorio, Franchi e Caselli, in cambio di denaro, avrebbero fatto passare la revisione a mezzi pesanti che, in condizioni normali, non avrebbero mai potuto superarla. Barca, invece, avrebbe avuto il ruolo di intermediario tra i due funzionari e gli imprenditori del settore che volevano usufruire dei ‘servizi’. Così facendo, oltre 600 veicoli avrebbero superato la revisione senza i dovuti controlli, anche in presenza di gravi inefficienze di tipo meccanico ed elettrico. Le indagini si erano allargate a tutta Italia, perché era stato appurato che si era la diffusione la voce di come fosse facile ’passare’ la revisione in territorio estense.