"Medicina, superare il numero chiuso? Bonaccini ripensi al modello Ferrara"

La provocazione dell’ex rettore Unife Zauli: "E’ stato il nostro ateneo il primo a dirlo ma fummo bocciati"

di Federico Di Bisceglie

Sos sanità. La pandemia ha evidentemente accelerato processi già in corso che, nella loro drammaticità, si sono abbattuti sul sistema sanitario nazionale e a cascata su quelli territoriali. In assoluto, tra i problemi più rilevanti c’è quello dell’esiguità di personale sanitario e di medici in particolare. Tant’è che il presidente della Regione, Stefano Bonaccini nei giorni scorsi ha rilanciato la necessità di "superare il numero chiuso a Medicina" perché "non ce lo possiamo più permettere". Il tema della selezione ‘in ingresso’ dei medici torna attualissima. Un problema che nella nostra università è stato affrontato già diverso tempo fa. "Se Bonaccini volesse, un modello per superare gli attuali metodi di selezione in ingresso ci sarebbe: è quello elaborato dal nostro ateneo". A parlare è l’ex rettore Giorgio Zauli, attualmente impegnato in Arabia Saudita, che di questo progetto fu il vero e proprio ’padre’.

Zauli, una mano tesa al presidente della Regione?

"Il presidente Bonaccini osteggiò, all’epoca, il nostro progetto per il quale tra l’altro l’ateneo era pronto ad aprire anche una sede della facoltà di Medicina anche in Romagna. Ora mi fa piacere che sia tornato sul tema della selezione ‘in ingresso’ dei medici. Anche perché, ogni anno il nostro sistema sanitario nazionale ‘perde’ almeno mille e cinquecento medicini che ‘migrano’ all’estero. Problema, quest’ultimo, che si somma al turnover legato alle uscite per sopraggiunti limiti di età".

Che cosa prevedeva il ‘Modello Ferrara’ per Medicina?

"Un trimestre di lezioni, da settembre a novembre e un test (anche nazionale) che misurasse i ragazzi, però, su materie curricolari: fisica medica, biologa e anatomia umana. Insomma un modo per testare i ragazzi sulla base del merito, anche perché era prevista una scrematura sulla base delle valutazioni. Oltre a questo, il sistema elaborato aveva un ulteriore vantaggio: chi non ‘passava’ il test non era costretto a perdere un anno come accade attualmente con i test d’ingresso a Medicina, ma aveva la possibilità di ‘virare’ su altre lauree sempre di tipo sanitario. Tutti, così, sono messi nelle condizioni di poter entrare ed essere testati su materie che caratterizzano la professione medica".

Questo sistema, tuttavia, potrebbe generare un problema di numeri: una crescita esponenziale di aspiranti medici che rischierebbero di ‘intasare’ l’università. Non le pare?

"Il nostro ateneo ha dimostrato che il passaggio da 180 posti a medicina a 600 non è stato per nulla drammatico. Ha richiesto uno sforzo ulteriore, senz’altro. Ma grazie all’abnegazione e alla capacità dei professori siamo riusciti a garantire un servizio eccellente dal punto di vista logistico, senza abbassare la qualità dei contenuti erogati".

A proposito di numeri. Mediamente le richieste di partecipazione al test di Medicina sono attorno a quota 65 mila ogni anno. Di posti ‘reali’ ce ne sono attorno a 10 mila.

"Questo è un altro problema generato dall’errata impostazione dell’attuale metodo di selezione dei sanitari ‘in ingresso’. Ma con il modello brevettato dal nostro ateneo, si riuscirebbe a risolvere anche questo problema: immettere aspiranti medici nel sistema sanitario in modo più efficace. Peraltro, proprio per rendere questo sistema ancora più efficace, la professoressa Tiziana Bellini aveva anche organizzato dei test di auto-valutazione sui ragazzi, in collaborazione con il San Raffaele. E’ tutto proto: serve solo la volontà politica. E questo è un messaggio chiaro che mando al Governo del quale conosco l’attenzione a queste problematiche".