"Mia moglie poteva essere salvata Non mi arrendo, merita giustizia"

Il marito di Monica Bolognesi, stroncata da un infarto, dopo l’archiviazione dell’inchiesta per colpa medica "Un intervento tempestivo le avrebbe dato più possibilità di vivere. Il dibattimento era necessario"

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di Cristina Rufini

FERRARA

"Stavolta mi fanno morire". Sono le ultime parole che Fabrizio Piva ha sentito dalla moglie Monica Bolognesi. Poi il silenzio, per sempre, perché quando poco dopo quella breve telefonata lui è arrivato al pronto soccorso dell’ospedale di Lagosanto, la sua Monica era già morta. Stroncata a 48 anni da un infarto. Era settembre del 2020, piena pandemia, una situazione allucinante per tutti. A quasi due anni da quelle ore drammatiche e pochi mesi dopo l’archiviazione del procedimento penale per colpa medica, aperto dopo la denuncia dello stesso Piva, lui non riesce a farsene una ragione.

Perché?

"E’ come se mia moglie fosse morta per colpa sua. E invece un intervento tempestivo e non dopo ore come avvenuto le avrebbe dato più possibilità di salvarsi. Leggendo le carte, mettendo insieme e in successione gli eventi qualcosa di più per evitare che mia moglie morisse, poteva essere fatto. Non riesco a capire come sia stato possibile archiviare in questa fase. Cioè non dare la possibilità di un approfondimento per arrivare a ricostruire il meglio possibile gli eventi che hanno portato alla morte di mia moglie".

Ci racconti quel giorno?

"Monica mi dice che non si sente bene, che accusa un malore al torace e alle spalle. Telefona al medico di base che dopo aver sentito i sintomi, le fa l’impegnativa per andare in pronto soccorso, per un sospetto infarto. L’accompagno io che sono a casa. Arriviamo alle 11.20 , le fanno un elettrocardiogramma e non viene rilevato nulla. Niente analisi del sangue. Le assegnano un codice giallo e le dicono di aspettare. Lei esce e mi dice di andare a casa. Eravamo in pandemia, non potevo entrare. Vado a casa. Poi il nulla. Alle 14 comincia a stare male. Le fanno un altro elettrocardiogramma e i prelievi del sangue, da cui emergerà che il valore della troponina è altissimo: 379. Viene lasciata ancora lì. Da sola. Poco prima delle 16 mi telefona, mi dice quali esami le hanno fatto e che è di nuovo da sola, che sta male".

E lei?

"Le dico di urlare, di chiamare aiuto e nel frattempo mi precipito all’ospedale. Provo a telefonarle ancora ma non mi risponde più. Quando arrivo al pronto soccorso salto la fila, chiedo spiegazioni. Ma mi dicono soltanto che la situazione si è aggravata a livello cardiaco. Aspetto preoccupato. Solo alle 17.30 due o tre sanitari mi confermano l’aggravamento e mi dicono che mia moglie è morta. Ho fatto in tempo ad accarezzarla l’ultima volta, ma era già deceduta. Pensi ci eravamo sposati dieci mesi prima dopo quasi 20 anni di convivenza".

Qual è la sua convinzione?

"Nel corso delle indagini sono stati evidenziati alcuni errori, ma non è stato dimostrato che con un intervento più tempestivo Monica si sarebbe salvata. Io, invece, penso che controllandola più tempestivamente, senza lasciarla lì per ore, avrebbe avuto più possibilità di salvarsi. Non mi arrendo. Continuerò a lottare perché abbia giustizia". Nella sua battaglia legale Piva è assistito dall’avvocato Simone Bianchi. ll procedimento penale nei confronti dei sanitari è stato archiviato di recente. E’ ancora in piedi la causa civile per il risarcimento dei danni.