
Assolto da tutte le accuse. Tra settanta giorni il giudice Alessandra Martinelli ci spiegherà anche i motivi. Intanto ieri lui, l’imputato, insieme al legale che l’ha assistito, l’avvocato Amalia Valentina, era soddisfatto. "E’ stato dimostrato che tutte le accuse che gli sono state mosse erano infondate – ha sottolineato l’avvocato – e siamo davvero soddisfatti della sentenza letta, perché rende giustizia". Poi ha aggiunto: "Sono molto sensibile a questi tipi di reati, ovviamente – ha aggiunto – e a tutti i casi di violenza contro le donne che sempre più spesso vediamo accadere, ma questo non lo era". Vergato nero su bianco da un giudice. "Purtroppo a tutta la vicenda – conclude l’avvocato – hanno dovuto assistere i figli della coppia. E quello che hanno vissuto non sarà cancellato facilmente".
L’indagine. Nel corso della precedente udienza, la Procura di Ferrara aveva chiesto la condanna a nove mesi di reclusione per un 35enne del Camerun. L’uomo era accusato di violenza privata, minacce, percosse e lesioni aggravate. Episodi di violenza che avrebbe compiuto nei confronti della moglie, coetanea e connazionale. Lei in aula aveva raccontato che durante la convivenza il marito l’avrebbe minacciata di cacciarla di casa per poi, in un’occasione, metterle anche le mani addosso. Non solo, la donna l’accusava di averla spinta contro il muro, causandole ferite guaribili in dieci giorni.
Le aggressioni e le minacce sarebbe accadute a luglio 2019. Un rapporto che sarebbe quindi stato caratterizzato – secondo quanto raccontato dalla parte civile – anche nelle pratica di riti vodoo reciproci, tant’è che lui aveva raccontato di aver trovato nella loro casa un mojo, il sacchetto-amuleto in cui vengono conservati erbe e oggetti ritenuti magici.
In aula. Una circostanza, quest’ultima, che però non è entrata nel processo: il fratello dell’imputato, sentito in aula, aveva riferito di rapporti inesistenti con l’ex cognata, al punto tale che lei quelle volte in cui lui andava a far loro visita, avrebbe addirittura cosparso di sale il pavimento su cui il cognato camminava per allontanare gli spiriti malvagi di cui sarebbe stato portatore.
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