"Morì d’infarto, archiviare tutte le accuse"

Due sanitari indagati per il decesso di un uomo. Al centro l’assenza del medico sull’ambulanza e i tempi del soccorso. La richiesta del pm

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Francesco D’Antoni non avrebbe potuto salvarsi. L’infarto che lo ha colto il 20 marzo del 2021 ad Argenta non gli avrebbe in nessun caso lasciato scampo. Nemmeno se il primo intervento fosse stato svolto da un’ambulanza con il medico a bordo, servizio sospeso appena due giorni prima. Troppo lunga la strada tra la sua abitazione e l’ospedale di Cona, primo presidio attrezzato per trattare un malore di tale gravità. È la conclusione alla quale è giunta la procura che, pur evidenziando alcune criticità nell’accaduto, ha chiesto al giudice l’archiviazione delle accuse per i due indagati per la morte dell’uomo, il direttore sanitario del Distretto sud-est dell’Ausl e un’operatrice del 118. I riflettori degli inquirenti si erano accesi sulla vicenda per fare chiarezza su due aspetti. Il primo, contestato al dirigente, riguarda la scelta di sospendere per tre settimane la presenza del medico a bordo dell’ambulanza del pronto soccorso di Argenta. Era il marzo 2021, periodo di emergenza Covid, quando molte risorse venivano utilizzate per far fronte alle esigenze dettate dalla pandemia. Eventuali ‘codici rossi’ sul territorio avrebbero dunque dovuto essere gestiti da altre auto mediche della provincia. Il secondo aspetto, per il quale era stata chiamata in causa l’operatrice del 118, è la scelta di mandare in prima battuta un’ambulanza con a bordo soltanto un’infermiera, nonostante la descrizione dell’attacco cardiaco raccolta al telefono. Il mezzo con il ‘camice bianco’ verrà inviato solo in seguito, da Lugo.

L’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Ciro Alberto Savino (omicidio colposo l’ipotesi di reato) si è avvalsa di una consulenza per scandagliare i dettagli dell’accaduto e valutare il nesso di causalità tra il decesso e le tempistiche del soccorso. Le conclusioni del tecnico sono giocate sul filo dei minuti. Tra le 22.53 e le 22.58 di quel maledetto 20 marzo si susseguono diverse chiamate al 118, coincidenti con l’aggravarsi della situazione di D’Antoni. L’operatrice che risponde alla centrale decide di inviare l’ambulanza senza medico. il mezzo medicalizzato, spiega il consulente, allertato per tempo avrebbe impiegato 17 minuti ad arrivare a casa della vittima. Viene però chiamato soltanto alle 23.19, con arrivo sul posto alle 23.46. Troppo tardi. Il dottore arrivato dal Comune romagnolo non può fare altro che constatare il decesso. Alla luce di ciò, quale sarebbe stato l’epilogo della vicenda se l’ambulanza di Argenta avesse avuto a bordo il medico o se fosse stato allertato immediatamente il mezzo di Lugo? La conclusione del consulente è granitica. Il paziente, deceduto tra le 23.20 e le 23.46, avrebbe potuto essere salvato solo con un trasporto rapido nel reparto di Emodinamica dell’ospedale di Cona. Nessun altro trattamento sarebbe stato efficace. Tempo e spazio si rivelano però spietati. Anche con la massima tempestività possibile, non ci sarebbe stato tempo sufficiente per coprire i 35 chilometri e mezzo che separano la casa di D’Antoni e il Sant’Anna. Il paziente, chiude il consulente, sarebbe morto in ambulanza.

Una conclusione che non convince del tutto la moglie dalla vittima, assistita dall’avvocato Gabriella Azzalli. "Abbiamo presentato l’esposto – spiega il legale – per evitare il ripetersi di quanto accaduto. Proporrò opposizione alla richiesta di archiviazione, ravvisando la necessità di procedere a ulteriori indagini. Va comunque sottolineato come la motivazione con la quale il pm propone l’archiviazione apra il campo a diverse riflessioni sul funzionamento del sistema sanitario ferrarese nei casi di emergenza. È infatti indiscussa, come si legge nella stessa richiesta di archiviazione, l’esistenza di ‘un’evidente criticità nell’operato dell’operatore del 118 e, a monte, del direttore sanitario del Distretto sud est dell’Ausl".

Federico Malavasi