di Matteo Radogna Cambiano lavoro per un trattamento economico migliore, perché stanchi di un clima soffocante, per cercare aziende dove si pratica lo smart working o semplicemente per avvicinarsi a casa. Sono soprattutto giovani, ma fra di loro ci sono uomini e donne delle età più disparate. C’è un aumento consistente rispetto al 2019 e 2020 (quasi sei punti percentuali) di chi decide di presentare le dimissioni volontarie. In totale, l’anno scorso, in Emilia Romagna sono stati 180mila e 17mila soltanto a Ferrara. La città estense è una di quelle dove questo fenomeno delle dimissioni volontarie, è più marcato. Dopo Bologna, Modena e Rimini, c’è per l’appunto Ferrara in questa speciale classifica. I settori interessati sono quelli del commercio, di tutta la filiera degli appalti, i servizi di ristorazione e poi anche i segmenti del trasporto e magazzinaggio. I sindacati studiano il fenomeno: la Cgil, ad esempio, ogni volta che si occupa di una cessazione di lavoro, cerca di capirne le motivazioni. "Dietro le dimissioni volontarie possono esserci l’impossibilità di fare carriera, motivi personali dovuti a un clima lavorativo cattivo oppure a causa di problemi di salute – spiega Riccardi Grazzi di Cgil -. Quest’ultimo caso riguarda l’8 per cento di chi lascia un posto sicuro. Poi un 5 per cento abbandona perché si trasferisce in un’altra azienda, trovando un’occupazione migliore in tutti i sensi. Il 3 per cento degli intervistati ci ha detto che se ne va per intraprendere la sfida del lavoro autonomo. Infine, un sei per cento non ha un’alternativa immediata e, quindi, è pronto a rischiare. Lo spostamento verso un nuovo lavoro, significa che c’è mobilità ̀e opportunità ̀nel mercato". Grazzi poi sottolinea che la crisi ha avuto ripercussioni sull’atteggiamento di alcune aziende nei confronti dei dipendenti: "Spesso chi abbandona un posto fisso, lo fa perchè non ...
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