di Gian Carlo
Perego*
Celebriamo oggi insieme a tutti i lavoratori il Primo Maggio, nel ricordo di San Giuseppe lavoratore, ma con lo sguardo al mondo del lavoro e dei lavoratori di oggi. La Parola di Dio ci guida e orienta in questo nostro sguardo. La pagina della lettera di San Paolo ai Colossesi ci ha ricordato come la pace di Cristo ci riveste di carità. La carità non è un semplice sentimento, ma è l’abito del cristiano. La carità nel mondo del lavoro significa
non fermare la nostra attenzione solo al profitto personale, ma anche al bene comune, a partire dai lavoratori e dalle loro famiglie; significa il rispetto della dignità di ogni lavoratore, attraverso la giusta retribuzione, il rispetto del riposo, la tutela sul lavoro;
significa partecipazione degli utili per creare nuove possibilità lavorative. Nel nostro territorio la situazione è preoccupante. Fatichiamo ad accompagnare i giovani nei passi decisivi della vita. Troppe volte assistiamo proprio nei confronti dei giovani a forme di paternalismo o verifichiamo gravi scelte di esclusione ed emarginazione. Questa situazione di disoccupazione e precarietà, dove le giovani donne sono ancora più
penalizzate, creano la mobilità dei giovani dal Sud verso il Nord, dalle campagne alla
città, dall’Italia verso l’Europa e il mondo. Senza il lavoro non c’è vita, non c’è crescita, non c’è futuro. Senza lavoro non c’è dignità, non si costruisce la città. Ogni attività lavorativa deve essere guidata dalla carità. La sapienza evangelica passa attraverso la quotidianità delle relazioni e dell’impegno, che trova anche nel lavoro un luogo di grazia. Con Papa Francesco "imploriamo San Giuseppe lavoratore perché possiamo trovare strade che ci impegnino a dire: nessun giovane, nessuna persona,
nessuna famiglia senza lavoro".
* Arcivescovo di Ferrara-Comacchio