A piedi fino in Nepal passando per Pomposa. "Cerco serenità"

La 'missione' di Andrej

TRACCE Andrej Avakov, 26enne di Riga, all’abbazia di Pomposa

TRACCE Andrej Avakov, 26enne di Riga, all’abbazia di Pomposa

Ferrara, 15 novembre 2018 - Nello zaino sacco a pelo, telo di nylon e qualche cambio. È partito da Stoccarda e vuole arrivare in Nepal. Se Sean Penn avesse saputo di Andrej forse avrebbe scelto la storia del lituano di 26 anni e non quella dell’americano Christopher McCandless per il film In to the wild. Andrej Avakov, di Riga, è passato da Pomposa nel suo viaggio per il Nepal. A piedi. McCandless è la storia vera dalla quale Penn ha tratto Nelle terre estreme, Andrej è la storia vera di un giovane baltico che ha mollato lavoro da marinaio, fidanzata, famiglia e amici «per cercare». Proprio con queste parole il lituano si è presentato al giardiniere dell’abbazia, Grabiel Dorel Sidea, che si chiedeva chi fosse quel biondo dai capelli lunghi e lo sguardo sognante. Andrej parla inglese, russo e mastica un buon tedesco, dovuto alla scuola nautica fatta a Stoccarda.

Tuta, scarpe da tennis e un paio di bicchieroni di latte sono le uniche cose per la foto di rito. Aggiusta il capello lungo, biondo. Gratta la barbetta, pesa le parole. «Cerco la serenità che il mondo attuale non sa dare». I visi sorridenti, luminosi, hanno bisogno di poche frasi. Quattro mesi fa la genesi di un gesto che gli ha aperto un nuovo mondo. Una vita, quella di Andrej, che aveva gli orizzonti limitati nonostante il mare del Nord: «Sette anni tra cargo e petroliere». Poi basta. Basta con tutto, per camminare. La sua storia è un piccolo caso nel mare del web che non raccoglie like distratti ma spirito di osservazione.

Il ragazzo va seguito, forse inseguito. Con la fantasia. La vita del ragazzo di Riga è un puntino sulla mappa che porta verso Oriente. Non fa autostop, al massimo accetta un passaggio se qualcuno si ferma. Poi cerca una tettoia, pensiline di bus e distributori di benzina i suoi tetti preferiti. Se piove e sopra di lui c’è solo il cielo arrotola tutto quello che ha (compreso se stesso) in un telo di nylon. Un baco, pronto per il volo. Cammina, a distanza di sicurezza dai centri abitati. Al massimo si ferma per prendere latte e cioccolato: «Necessari al cammino».

Macina venti chilometri al giorno ed essendo appassionato erborista sa quali radici raccogliere per non rischiare la fine di McCandless, il ragazzo che aveva abbandonato tutto per cercare un’esperienza di vita autentica. Fatale, alla fine. Il 26enne ha varcato il confine con l’Italia dal passo di San Bernardino, sul confine svizzero. Quota 2.066 metri. Sul terrazzo del Bel Paese ha scelto Venezia, unica città dove ha deciso di rimanere quattro giorni. Un’eternità, per la sua filosofia da bagaglio leggero e anima errante. I suoi bisogni sono acqua potabile e un tot di calorie. «Quando proprio ne ho voglia – dice – un mezzo pollo arrosto». Stop, tutto qui. Poi di nuovo sotto ai cieli del mondo. Il passo, ritmato dal bastone, è quello da vagabondo delle stelle descritto da Jack London.

Ma senza la scorta – spesso cara ai narratori di confine – di sregolatezza. «Lo faccio per me – racconta – per trovare una via verso la serenità». Se poi il messaggio arriverà ad altri farà parte degli effetti collaterali di chi sceglie di fare una cosa radicale. Lasciare segni. Una traccia sulla mappa del mondo. Prossime tappe Ravenna, poi la Puglia in cerca di un imbarco per l’antica sponda ellenica. Zaino in spalla, bastone. Una goccia di buon latte caldo gli inumidisce la punta del naso. Buon viaggio, Andrej. E c’è chi giura di avere sentito, dopo il suo passaggio, Hard Sun di Eddie Vedder.