"Noi lavoratori rischiamo il futuro Le decisioni di Eni ci preoccupano"

Ieri mattina i tanti addetti si sono adunati per la manifestazione davanti ai cancelli dello stabilimento "In bilico anche tutto l’indotto. Ci sentiamo abbandonati dalla politica: in pericolo un’eccellenza"

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di Federico Di Bisceglie

Si può ipotecare tutto, ma non il futuro. Le operazioni di chiusura del cracking di Porto Marghera sono iniziate ieri, gettando un ulteriore velo di incertezza fra i lavoratori. Davanti ai cancelli del Polo Chimico, gli sguardi degli addetti si rincorrono. Cercano l’un l’altro di darsi man forte. Ma la parola avvenire si pronuncia a labbra strette. "Lavoro al Polo chimico da oltre dieci anni – così Alberto Manzoni – . Faccio parte di una ditta esterna che si occupa di manutenzione. Il timore è che saremmo i primi a essere estromessi. Ed è per questo che ho deciso di aderire alla manifestazione". Il valore della testimonianza, dell’esserci comunque. Già, perché oltre ai lavoratori diretti ce ne sono diversi che operano nell’indotto, e che vedono il proprio impiego fortemente in bilico. Dal canto suo Flavio Donegà non riesce a nascondere più di tanto la sua apprensione. "La decisione che ha assunto Eni, che si sta traducendo proprio in queste ore nell’operazione di spegnimento degli impianti – incalza – ci preoccupa molto. Noi ci occupiamo della messa in sicurezza degli impianti elettrici all’interno dello stabilimento. Ma, se il Petrolchimico dovesse chiudere, saremmo sulla strada". Micol Giorgi è incardinata nell’impianto di Basell. Ci lavora da molto tempo, ma ieri ha deciso di non varcare i cancelli. "Abbiamo già sperimentato la chiusura del cracking qualche anno fa – dice – . E il temporaneo approvvigionamento di materia prima attraverso altri canali si è tradotto in un mal funzionamento generale, in materiale di qualità scarsa e in ritardi nei cicli produttivi. Ora che la chiusura del cracking è definitiva, non so come faremo. E nessuno, men che meno la politica, ci ha dato una risposta. Noi lavoratori ci sentiamo abbandonati a noi stessi". Il pensiero di Micol, è anche quello di Marco Macchioni, che lavora come informatico. "Le istituzioni si devono rendere conto che in gioco, con il Petrolchimico, c’è il futuro occupazionale non solo di chi vi opera, ma di tutto il territorio ferrarese e non solo".

All’impianto 24, da vent’anni, Ilaria Bernagozzi lavora incessantemente. Proprio il 24 è uno di quegli impianti per il quale il futuro è più incerto. "L’impianto di Ferrara – spiega – è sempre stato ritenuto un’eccellenza a livello internazionale. Ora, come risposta, ci prospettano la chiusura. È una follia pura". Massimo Moscetti è appoggiato a una sbarra laterale vicino all’ingresso di piazzale Donegani. Le rughe e i capelli bianchi denunciano un’esperienza pluri decennale. "Si respira la stessa aria che si respirava quando è stato chiuso l’impianto di Basell a Terni oltre dieci anni fa – dice – . Il rischio è che se nessuno interviene per assicurare gli approvvigionamenti delle materie prime, perdano il lavoro migliaia di persone. E questo, per il territorio, sarebbe un disastro". Dopo ieri, forse, qualcuno aprirà gli occhi. Un residuo di fiducia forse è rimasta. Ma occorre fare presto.