Nonna uccisa a Ferrara, il nipote lascia il carcere. Il perdono del marito

Sette mesi dopo l’aggressione, concessi i domiciliari a Pier Paolo Alessio . Il nonno: "Mi è mancato molto, sarei pronto ad accoglierlo io"

Esame dei carabinieri sull’auto

Esame dei carabinieri sull’auto

Ferrara, 20 giugno 2020 - "Mi manca e sono anche disposto a riprenderlo in casa con me". Sta molto in queste parole, anche se non soltanto, il senso della concessione degli arresti domiciliari a Pier Paolo Alessio, il ferrarese di 22 anni che a novembre dello scorso anno uccise la nonna materna Maria Luisa Silvestri, picchiandola ripetutamente con pugni al volto e al corpo, e sbattendole ripetutamente la testa contro l’auto, al culmine di una lite, dopo un cena in pizzeria. Un delitto brutale senza dubbio – peraltro con alcuni testimoni che hanno assistito loro malgrado a frammenti dell’ aggressione – costato la vita all’anziana che era già affetta da patologie cardiache.

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Minuti di follia pura che non hanno ancora trovato un movente chiaro, dei quali il nipote non ricorda le fasi salienti: quelle della brutale aggressione. Un’amnesia ritenuta credibile dal consulente che lo ha incontrato ripetutamente in carcere per valutare il livello di pericolosità sociale e di credibilità delle sue affermazioni. Così come per valutare la possibilità di reiterazione del reato.

«Ho ritenuto importante corredare la richiesta di scarcerazione a favore degli arresti domiciliari – spiega l’avvocato Pasquale Longobucco che assiste il ragazzo – con una consulenza approfondita. Era importante dimostrare che non c’è il rischio di reiterazione e che non si tratta di una soggetto socialmentepericoloso".

E le parole del nonno e marito della vittima hanno avuto un peso importante nella decisione del giudice. Quel nonno che in tutti questi mesi è andato a trovarlo in carcere. E nei mesi di impossibilità dovuta al lockdown, ci ha voluto comunque parlare via Skype. "Lui stesso – prosegue l’avvocato Longobucco – ha cercato in questi mesi di capire che cosa possa essere accaduto quella sera in via Marconi tra il nipote e la moglie, che per sua stessa ammissione aveva un legame molto particolare con quel nipote".

Nella tarda mattina di ieri, quindi, Alessio, dopo 6 mesi esatti da quella maledetta sera ha lasciato il carcere di via Arginone, scortato, per raggiungere l’abitazione della madre – figlia della della vittima – dove trascorrerà gli arresti domiciliari. E nello stesso tempo il ragazzo ha accettato di sottoporsi volontariamente a un percorso psicoterapeutico. Per ricordare quei minuti tremendi e dare, e darsi, una spiegazione possibile a una sera maledetta e violenta. La ricostruzione che il pubblico ministero Barbara Cavallo ha vergato nell’avviso di chiusura indagini racconta immagini devastanti. Che si fa fatica a pensare possano essere state premeditate da un nipote nei confronti della nonna con la quale viveva così in simbiosi. Alessio è accusato di aver "percosso la vittima con pugni su tutto il corpo, nel gettarla a terra e nello scaraventare reiteratamente la testa con particolare forza ed energia verso le parti metalliche e lo sterzo dell’autovettura Lancia Yspilon, cagionandone il decesso". Per poi concludere "essendo la morte una conseguenza altamente probabile della condotta posta in essere...e comunque avendo accettato il rischio del decesso della persona". La doverosa ricostruzione dei fatti cui, però, manca ancora un chiaro e netto movente. Che sembrerebbe sempre più da ricercare nelle continue richieste di soldi.

Forse quella sera, dopo un po’ di tempo trascorso da nonna e nipote, nella pizzeria della madre, Maria Luisa ha deciso di non soddisfare le richiesta di soldi del nipote. O non poteva. Da qui la lite, l’auto che si ferma e procede a passo d’uomo. E poi le botte, ripetute fino a quando l’anziana non crolla sul volante, dove viene trovata dai sanitari e dai carabinieri. Già esanime. E il nipote che racconta di ricordare soltanto le chiacchiere e poi i carabinieri che lo portano via.