Argenta (Ferrara), 6 luglio 2023 – Non mancano certo i colpi di scena nel processo per la morte del calciatore argentano, Denis Bergamini, ucciso il 18 novembre del 1989. Omicidio per cui è oggi imputata l’allora ex fidanzata Isabella Internò.
L’accusa nei suoi confronti è concorso in omicidio premeditato. Concorso con chi? Dopo 34 anni, nell’udienza di ieri davanti alla Corte di Assise di Cosenza è stato scoperto che in un procedimento definito ’parallelo’ insieme a Isabella Internò è indagato anche Dino Pippo Internò, il cugino: entrambi accusati di omicidio volontario nei confronti di Bergamini.
Un procedimento rimasto su un binario morto, da cui poi era stata stralciata la posizione di Isabella Internò, oggi a processo davanti alla Corte di Assise. E per Dino Pippo, il pm Luca Primicerio avrebbe detto che intende archiviarlo. Intanto però, lui ieri non ha potuto testimoniare perché la presidente della Corte, Paola Lucente, appresa la notizia dello stato di indagato, ha fissato un’altra udienza all’11 settembre in cui dovrà tornare a deporre in veste di indagato, ma assistito da un avvocato.
Ha invece testimoniato sua moglie Antonella Raimondo, la quale dice racconta di non ricordare come è venuta a sapere della morte di Bergamini e comunque di non averne mai parlato con il marito. A quel punto l’avvocato Fabio Anselmo, legale di parte civile, ha fatto ascoltare tre intercettazioni. L’avvocato Anselmo procede con il fare ascoltare in aula alcune intercettazioni.
La prima, del 16 maggio 2013 tra Raimondo e sua cognata Nadia. La prima afferma "I giornalisti all’inizio hanno detto che l’ha ammazzato zio Franco, per un delitto d’onore". A chiarimento la donna risponde di aver sentito questa versione in una trasmissione di Rete4. Sette giorni più tardi la donna viene intercettata al telefono con il marito. Ad un certo punto della telefonata, la donna gli chiede ’Hai visto alla tv ieri sera Raoul Bova?’ il marito prova a rispondere ma la donna lo sovrasta e insiste con ’A Raoul Bova, Raoul Bova, Raoul Bova’. Dino Pippo afferma che non deve temere nulla e fa il nome di Pietro (Casciaro?), la donna lo incalza, lo epiteta come ’Stronzo’ e cerca di zittirlo. La Corte chiede il significato di quella telefonata, ritenuta effettuata con un linguaggio criptico nel timore di essere intercettati. La donna afferma di non ricordare affatto la telefonata né di saperne indicare il tenore.