Cosenza, 1 ottobre 2024 – Dopo più di 8 ore di camera di consiglio di camera di consiglio, tre anni di processo e oltre sessanta udienze, la Corte di assise di Cosenza, presieduta dal giudice Paola Lucente, ha condannato Isabella Internò a 16 anni di carcere: la donna era accusata di essere la mandante dell’omicidio premeditato di Donato Denis Bergamini, il calciatore argentano ucciso il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico, in provincia di Cosenza.
I giudici hanno ridimensionato la richiesta dell’accusa - 23 anni - concedendo le attenuanti prevalenti sulle aggravanti. L'imputata ha assistito alla lettura del dispositivo a fianco dei suoi legali.
Il grido in aula: sono innocente
La Corte si era ritirata non prima di avere ascoltato la voce e le parole dell’imputata, che in tutti questi anni non aveva mai proferito parola. Un minuto prima che il presidente della Corte decretasse la fine della discussione, Internò si è alzata in piedi e ha dichiarato: “Sono innocente, non ho commesso alcun reato, lo giuro davanti a Dio che è l’unico testimone di quanto accaduto, ma che non può essermene testimone”.
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L’accusa: Denis è stato ucciso
Poco prima di lei il procuratore capo di Castrovillari, Alessandro D’Alessio aveva ribattuto ad alcuni punti dell’arringa della difesa, in particolare sulla glicoforina, il test che ha permesso di stabilire che Bergamini quando è stato sormontato dal camion era già morto, facendo riferimento a una sentenza della Cassazione che ha stabilito la scientificità e attendibilità di questo esame anche in campo forense, mentre il pm Luca Primcerio ha ribattuto, sconfessandole, ad alcune accuse di mancanza di documenti o prove di passaggi importanti per stabilire la premeditazione del delitto, aggravante che contesta la procura.
Repliche anche da parte del legale di parte civile, l’avvocato Fabio Anselmo, il quale dopo aver puntualizzato alcuni passaggi, confutandoli, della difesa, ha chiuso la sua replica con “Denis Bergamini non si è suicidato, Bergamini è stato ucciso” e qui è stato dimostrato scientificamente, perché quando si parla di scienza non si fanno le chiacchiere”.
Lo striscione dei tifosi
Prima dell’udienza un gruppo di tifosi del Cosenza e di appassionati di Bergamini ha steso sulle scale del palazzo di giustizia uno striscione e un enorme numero 8, quello della maglia di Bergamini. Tifosi salutati anche da Michele Padovano, ex collega e compagno di stanza di Bergamini, accusato duramente durante l’arringa della difesa e che ha assistito insieme a Gigi Simoni, Alberto Urban e padre Felice Bisceglia all’udienza. In giornata la sentenza su un omicidio commesso 35 anni fa e al termine di un processo che lo stesso procuratore capo D’Alessio ha definito: “Aspro, articolato e a tratti drammatico”. In aula, oltre la sorella del calciatore, Donata, anche i suoi tre figli.