Ferrara, omicidio Branchi, processo dopo 29 anni

Atto di citazione per falso al pensionato di Goro, Carlo Selvatico

Un momento della riesumazione della salma di Willy Branchi (Businesspress)

Un momento della riesumazione della salma di Willy Branchi (Businesspress)

Ferrara, 25 marzo 2017 - Verrà celebrato un processo per l’omicidio di Willy Branchi. E sarà il primo, dopo 29 anni dalla morte del diciottenne, ucciso brutalmente con una pistola da macello la notte tra il 29 e 30 settembre 1988. La richiesta di citazione a giudizio nei confronti di Carlo Selvatico è stata firmata dal pm Giuseppe Tittaferrante che ora attende solo che il tribunale stabilisca una data. L’imputato (perché ora il suo status è cambiato), 77 anni pensionato di Goro, dovrà difendersi dalle accuse di falsa testimonianza davanti allo stesso magistrato nell’ambito della morte di Willy.

«Ma cosa volete da me? – continua a ribadire lui oggi – Io di quella storia non so proprio nulla». Secondo le accuse, nel fascicolo riaperto il 10 novembre 2014, Selvatico vi è finito per un paio di confidenze fatte la scorsa primavera ad alcune persone. Una in particolare, fatta chiamare da un terzo soggetto per sapere che tipo di intercettazione i carabinieri stavano facendo in quel momento e dicendosi molto preoccupato per gli sviluppi che stava prendendo l’attività investigativa. «Tutti sanno chi ha ucciso Willy – avrebbe detto Selvatico, che quel giorno si presentò sotto falso nome –, ma se va avanti così qui ci arrestano tutti». Un confidente che, sentito in via Mentessi, non solo ha raccontato quella strana chiacchierata, bensì ha riconosciuto il pensionato in foto.

Pochi giorni dopo però, Selvatico ha negato ogni cosa: «Io? Non ho parlato proprio con nessuno», ha riferito la prima volta agli inquirenti. Da qui l’avviso di garanzia e la sua seconda chiacchierata con il magistrato, il 3 novembre. Qui, ancora una volta, ha fatto scena muta avvalendosi della facoltà di non rispondere. Stessa scelta pure dopo la notifica del 415bis: nessuna memoria depositata, nessuna richiesta di farsi interrogare, rifiutando di interloquire con l’autorità giudiziaria. «Non ho niente da dire, – sputò davanti ai giornalisti a novembre fuori dalla Procura – non so nemmeno che caso sia questo». Poi, rivolto a un cronista, stizzito: «Lei è troppo curioso. Perché vuole sapere tutte queste cose? Non mi interessa della morte del ragazzo – chiuse – anche se abitavamo a Goro tutti e due». Ora il processo. Il primo dalla morte di Willy.