Ferrara, 15 luglio 2018 - Un casco integrale nero con la visiera abbassata. Un paio di pantaloncini della Roma, quella di Totti «che tanto amava Marci». E ancora, una t-shirt grigia, tutti indumenti appartenuti a Marcello Cenci. E tutti posizionati a terra, su quel pavimento che ancora trasuda lacrime e disperazione nell’androne del palazzo dove avvenne la mattanza. L’androne di calle Juan Bautista Llovera, nel quartiere del Grao di Valencia, dove la notte del 2 luglio 2017 Eder Guidarelli Mattioli attese l’entrata di Marcello per poi aggredirlo e strangolarlo. A mostrare per la prima volta quell’immagine choc, ricostruita nei minimi dettagli, è oggi il fratello della vittima: Giulio Cenci.
Adrenalina. «Un anno e 13 giorni fa – scrive l’uomo al Carlino direttamente da Valencia – sei stato coscientemente ammazzato qui, in questo angolo di un palazzo a cento metri dalla mattina turistica di Valencia. Soltanto una persona è venuta a Valencia per te fino ad oggi. E 1.517 chilometri in auto sono lunghi Marci. Ogni tanto le lacrime sono scese...». Adrenalina. «Adrenalina – continua – fatta di dolore. La mia, non come quella artificiale che aveva il tuo assassino durante quel viaggio. Nascosto da vigliacco in quell’angolo, con questo casco nero ha esaudito la sua sete». Nessun processo o condanna, chiosa Giulio, «potrà mai essere più doloroso del senso di colpa e criminale stupidità nel vedere questa foto».
Era prevedibile. Contattato al telefono, poi, la sua voce diventa tesa quando giura di non essere interessato ad un eventuale ergastolo per l’assassino di suo fratello. Perché Marcello «non tornerà più». Si torna alla lettera: «Processi, sistemi, autorità, avvocati, conoscenti, falsi e fidati amici, parenti, genitori, io. Tuo fratello. Tutti si rattristano per quanto è successo. Eppure era terribilmente prevedibile, atteso, pianificato». Annunciato. Tutti, «io per primo, abbiamo contributo a farlo succedere. Ci consoliamo responsabilmente ricordando il tuo sorriso geniale, irriverente e sognatore». Senza chiederci, però, quante altre volte «devono accadere questi avvenimenti».
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Sorriso. Parla di accettazione del «moralismo arcaico del delitto d’onore», anzi, continua, «c’è chi lo fomenta, senza avere il coraggio di denunciare che questa ‘gita andata e ritorno per tre nazioni europee’, è stata liscia come l’olio». Perché, chiude in lacrime, «c’erano mille modi per evitarlo ed io, per primo, sono stato così stolto da ascoltare le tue parole. La consolazione del tuo sorriso». Il sorriso di un italiano che «stava diventando uomo a Valencia». Infine la domanda choccante, da brividi: «Ora, Marci, cosa rimane da fare?».