Omicidio Cenci, la confessione: "Marcello voleva dividerci, così l’ho ucciso"

Il racconto choc di Guidarelli: "Nelle favelas ho ammazzato ancora"

Eder Guidarelli Mattioli. Dopo cinque ore di confessione emergono i lati più oscuri e perversi della sua mente

Eder Guidarelli Mattioli. Dopo cinque ore di confessione emergono i lati più oscuri e perversi della sua mente

Ferrara, 11 febbraio 2018 - Le mani si stringono come una morsa sul collo dell’ex amico e il ginocchio preme sul torace. Una furia alla quale Marcello Cenci, steso a terra, non può opporsi in nessun modo. Con le sue ultime forze, il 32enne di Pontelagoscuro sputa la confessione che Eder Guidarelli Mattioli, accecato da rabbia e gelosia, cerca di estorcergli. Poi smette di respirare. Per sempre. Il verbale dell’interrogatorio di Guidarelli, in carcere per l’omicidio del coetaneo avvenuto nella notte tra l’1 e il 2 luglio a Valencia, è una discesa all’inferno. Un balzo senza ritorno in un abisso di deliri e ossessione. In cinque ore di confessione emergono i lati più oscuri e perversi della mente del 32enne italo-brasiliano. Eder, affiancato dai suoi legali Eugenio Gallerani e Giacomo Forlani, accompagna il sostituto procuratore Ciro Alberto Savino in un viaggio che parte dai primi episodi di gelosia per un ragazza contesa e si inerpica lungo un sentiero di violenza e morte. «Marcello era una persona viscida. Non era fidato. Voleva dividerci» dice in chiusura di interrogatorio. Appena prima di rivelare dettagli agghiaccianti sulla propria infanzia. Una gioventù trascorsa in una favelas dove, a suo dire, avrebbe subito abusi e avrebbe già ucciso su ordine dei capi di una gang.

Sono le 10 di venerdì quando Eder, dopo sette mesi di silenzio, vuota il sacco. Racconta tutto per filo e per segno. Dai primi litigi e pestaggi fino al viaggio a Valencia dell’estate scorsa. Era «arrabbiato». Aveva scoperto che la sua fidanzata aveva una relazione con l’amico di sempre. Iniziano così una serie di episodi di stalking. Eder tiene d’occhio Cenci attraverso un falso profilo Facebook e lo pesta per ben tre volte. In un caso lo raggiunge a Valencia, dove Marcello si era trasferito proprio per sfuggire a quella persecuzione. Dopo l’ultima aggressione, avvenuta la sera di Santo Stefano del 2016, Guidarelli non si fa più sentire. Tutto sembra passato. In realtà, i fantasmi della gelosia continuavano a scavare nella sua mente. La fidanzata lo lascia, ma non può dimenticarla. Non riesce più a dormire nel suo letto. Si fissa su Marcello. E sopra ci butta alcol, cocaina e marijuana.

Dopo aver rimuginato per settimane, prende la decisione. Deve riavere la sua fidanzata e chiudere i conti con l’ex compagno di calcetto. Aveva già preso alcuni giorni di ferie dal lavoro. Perché, in fondo, aveva già previsto di andare a Valencia. Ma non riesce ad aspettare. Il 30 giugno si mette in malattia e parte. Fa una tappa a Modena, da una ragazza, e poi via. Sono quindici ore di macchina. A tenerlo vigile c’è la cocaina. Arrivato a Valencia noleggia uno scooter e si fa indicare la via in cui abita Marcello. Raggiunge il palazzo, lo cerca ma lui non c’è. Allora si mette a gironzolare. Beve qualcosa e sniffa polvere bianca. Poi torna a casa di Cenci. In testa ha un casco da moto e in mano un pezzo di ceramica recuperato da un cantiere vicino. Ma Marcello ancora non c’è. Esce di nuovo: altro giro di alcol e coca. Decide di contattare l’ex amico tramite il falso profilo Facebook. Risponde. Quando i due si incontrano ormai è notte. Sono nell’androne del palazzo in cui vive Marcello. Eder gli va incontro e lo saluta. Lui lo riconosce e lo spintona per allontanarlo. L’italo-brasiliano reagisce facendogli lo sgambetto. Gli appoggia il ginocchio sullo sterno e lo inchioda a terra. Marcello cerca di scappare ma Guidarelli lo afferra per lo zaino. È la fine. Le mani si stringono intorno al collo di Cenci fino a quando il suo cuore non cessa di battere. Guidarelli resta solo col corpo dell’amico. Lo trascina contro il muro e gli parla. Poi lo colpisce con un calcio. Infine gli prende il cellulare e gli appoggia vicino 200 euro, «come uno scambio». Il resto è cronaca. Quando Eder viene fermato dai carabinieri del comando di Ferrara ha ancora con sé il telefonino della vittima e la camicia indossata quella sera. La stessa che sfoggia (un caso?) anche durante l’interrogatorio. «Volevo buttarli, ma non ci sono riuscito. La coscienza me lo ha impedito». La coscienza.