Omicidio Govoni, la Cassazione conferma una sola condanna

Confermati i trent’anni per Veissel, ma per Grumeza i giudici dispongono il ritorno in Appello per valutare l’applicazione delle generiche

I soccorsi alla villetta, nel riquadro Cloe Govoni

I soccorsi alla villetta, nel riquadro Cloe Govoni

Ferrara, 21 febbraio 2019 - Trent'anni per avere ucciso a calci e pugni l’anziana ex insegnante Cloe Govoni e per aver ridotto in fin di vita Maria Humeniuc, nuora della pensionata. La Corte di Cassazione, con una sentenza arrivata solo nella tarda serata di ieri, ha messo la parola fine all’orrore di Renazzo.

A tre anni e mezzo di distanza da quella maledetta mattina del novembre 2015, gli ‘ermellini’ hanno reso definitiva la pena per Leonard Veissel e Florin Constantin Grumeza, i romeni di 30 e 26 anni accusati di essere entrati nella villetta della frazione centese e di avere massacrato di botte le due donne (FOTO).

Un pestaggio brutale, commesso per impossessarsi di un pugno di gioielli. Nel giro di poche ore i due assassini furono identificati e arrestati dai carabinieri della compagnia di Cento. Veissel e Grumeza, lo ricordiamo, sono stati condannati a trent’anni in primo grado (pena ridotta per la scelta del rito abbreviato, a partire dall’ergastolo). Un pronunciamento che fu poi confermato dalla corte d’Appello di Bologna.

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Tutti i giudici davanti ai quali sono passati i giovani romeni hanno affossato le motivazioni su cui si basavano i ricorsi dei loro difensori (gli avvocati Fabio Chiarini, Milena Catozzi e Marcello Rambaldi).

Per quanto riguarda Veissel, in secondo grado la difesa aveva lamentato la mancanza di una prova schiacciante della sua partecipazione al delitto. Per Grumeza, invece, la richiesta era di derubricare l’accusa a omicidio preterintenzionale per la morte di Cloe e a lesioni per le botte a Maria Humeniuc.

Tali ricostruzioni non hanno retto di fronte ai giudici bolognesi che si sono espressi con una condanna a trent’anni. Sentenza confermata ieri sera dalla prima sezione penale della Suprema Corte, il cui verdetto è stato letto intorno alle 22.

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Si chiude così una pagina tragica per la comunità centese e per la famiglia dell’insegnante, uccisa in maniera tanto barbara. Una ferita che, nonostante la giustizia abbia detto l’ultima parola, non si rimarginerà mai. Né per i suoi compaesani né per Andrea Ardizzoni, figlio di Cloe e marito di Maria (difeso in questo lungo e doloroso processo dall’avvocato Salvatore Mirabile). Poche parole, dopo la lettura del dispositivo, da parte dei legali degli imputati. «In arringa ci siamo soffermati su aspetti giuridici riguardanti in particolare l’aspetto della connessione teleologica – osserva l’avvocato Milena Catozzi –. Ma in questo processo l’emotività ha giocato un ruolo importante, ben al di là degli aspetti tecnici».