Omicidio di Pontelangorino, per Riccardo niente Cassazione. E Manuel scrive canzoni

L’intervista al padre di Sartori: "Ora speriamo che ci ascoltino"

Riccardo e Salvatore Vincelli

Riccardo e Salvatore Vincelli

Ferrara, 15 febbraio 2019 - Arriva il momento di sperare nella Cassazione per Manuel Sartori, che in corte d’Appello è stato condannato a 18 anni di reclusione – la stessa pena è andata a Riccardo Vincelli, figlio delle vittime – per l’omicidio premeditato di Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni, avvenuto a Pontelangorino nella notte tra il 9 e il 10 gennaio due anni fa. Il figlio della coppia, all’epoca sedicenne, ha agito in concorso con l’amico, di un anno più grande e ritenuto l’esecutore materiale del delitto. I giudici del tribunale bolognese, con processo in rito abbreviato, avevano dunque confermato la sentenza pronunciata in primo grado. Ora la strada processuale dei due si divide: se per l’avvocato Gloria Bacca, difensore di Vincelli, «non si procede in Cassazione perché Riccardo ha scelto così, una scelta difficile presa dopo un’attenta valutazione», l’avvocato di Manuel, Lorenzo Alberti Mangaroni Brancuti, attende invece l’ammissibilità del ricorso in Cassazione, ultimo grado di giudizio e ultima speranza di migliorare le sorti del suo assistito.

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‘Caro padre ti scrivo’, e visto che i tempi sono quelli di Fedez e Mahmood, scrivo una canzone rap. A scriverle è anche Manuel Sartori. Ne parla il padre Rudi. Suo figlio ha deciso di continuare e ricorrere in Cassazione.

Quali sono le sue speranze ora?

«Spero ci ascoltino. A Bologna i giudici della Corte d’Appello avevano già deciso come sarebbe andata, non hanno ascoltato niente di quello che nostro figlio Manuel ha portato in sua difesa, non gliene hanno dato la possibilità».

Cosa intende?

«Che i due ragazzi non sono uguali, anzi, sono diversi per carattere, impegno e coscienza. Per questo ritengo la sentenza ingiusta: 18 anni a entrambi, senza nessuna distinzione. Ero contento anche per un solo anno di differenza».

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Perché quella decisione, secondo lei?

«Hanno paura che se torna fuori lo possa rifare, almeno dalle motivazioni ho capito questo. I giudici hanno paura che capiti un altro fatto brutto in Emilia Romagna, serviva la punizione esemplare».

Non hanno ascoltato Manuel, dunque?

«E in più hanno dato degli incompetenti agli educatori che da due anni lo seguono in carcere. Non credono nel vero pentimento dei ragazzi. Adesso vediamo in Cassazione, se accolgono il ricorso. Spero che a Roma siano di idee più aperte. Sarebbe un segnale».

Un segnale?

«Sì, dare una chance a un giovane pentito, che ha chiesto scusa a tutti e ha capito lo sbaglio. Quando è successo non era un adulto. Non lo giustifico o perdono, anche se è mio figlio. Ma i ragazzi non si educano in questa maniera».

Pensa che il carcere non sia il luogo adatto per suo figlio?

«Almeno lo mandassero in comunità. Ho paura che lo mandino con gli adulti, ora che ha 19 anni. Allora sì che lì è perso».

A proposito, come sta Manuel in carcere?

«Sta bene, è una persona che ci sa fare con la gente. Ha fatto amicizia con il comandante e le guardie, mi dicono che è bravo in cucina e si dà da fare. Coi soldi che prende regala tatuaggi e piercing alla sua ragazza. Ha preso anche degli 8 a scuola, prima non li aveva mai portati a casa. E in più ora scrive e canta».

Canta e scrive? Che cosa?

«Ha fatto delle canzoni rap dedicate alla vita che fa in carcere e alla sua ragazza, dove spiega tutto quello che è successo. Dove dice che ha sbagliato e ha visto la morte in faccia. Ora le abbiamo noi, non si sa mai...».

Cosa vuol dire ‘non si sa mai’?

«Non si sa mai che possano servire, magari per un domani. Canta la sua storia, così come sta buttando giù le bozze per un libro. Di tempo ne ha, si tiene impegnato».

Per Riccardo Vincelli, a distanza di tempo, cosa prova?

«Mi spiace quasi di più per lui, perché è perso. Sa di essere abbandonato, è ingrassato, forse per i farmaci, ora dimostra trent’anni. È che capiscono dopo, lo sbaglio».

Secondo lei c’è stata premeditazione per il duplice omicidio?

«Di Manuel? Non è stata una sua volontà e non è stato organizzato niente prima, su questo ci sono prove, ci sono i tabulati telefonici. Se fosse stato premeditato avrebbero preso il materiale per quello che hanno fatto altrove, non tra gli attrezzi che io uso per il giardino. O no?».