Omicidio Tartari, il fratello Marco risponde all’assassino. "Nessun perdono"

Dopo la lettera di scuse scritta al Carlino da Ruszo

Pierluigi Tartari (Foto Businesspress)

Pierluigi Tartari (Foto Businesspress)

Ferrara, 25 febbraio 2016 - Non ha nessuna voglia di parlare Marco. Al solo nominare quei barbari che hanno ammazzato il fratello Pier Luigi Tartari, la rabbia gli cresce dentro. Ha letto del pentimento di Patrick Ruszo – il diciannovenne slovacco reo confesso accusato con Ivan Pajdek e Constantin Fiti dell’omicidio del pensionato di Aguscello lo scorso settembre – attraverso una lettera inviata al Carlino. «Mi vergogno ogni giorno di quello che ho fatto – dice Ruszo – e chiedo scusa alla famiglia di quell’uomo».

Ma la stessa famiglia rimanda al mittente quelle scuse. Inutili. Come si può perdonare chi ha causato il decesso di un settantenne solo, indifeso, picchiato, legato e gettato vivo in un casolare di campagna? «Il mio pensiero – le uniche, commosse, parole che escono dalla bocca di Marco Tartari – non è cambiato. E’ rimasto lo stesso da quel maledetto giorno». Niente perdono, nessuna pietas, quel sentimento sconosciuto durante l’assassinio. L’ex gloria della Spal ricorda un passo dell’omelia del vescovo il giorno del funerale di ‘Pigi’, proprio quando parlò, da uomo di chiesa, di «perdono», ma soltanto vincolato all’aver «pagato il debito con la giustizia» e a fronte di un «vero e totale pentimento».

«Non lo volevamo ammazzare. Nemmeno Pajdek voleva farlo», scrive oggi dal carcere il giovane Ruszo. Per poi aggiungere l’alibi: «Eravamo drogati. Ci drogava Ivan ‘il capo’, ci dava qualche soldo e noi eseguivamo gli ordini». «Lo hanno condannato a morte certa in un luogo abbandonato – ripete l’avvocato Eugenio Gallerani che rappresenta Marco e Rita Tartari –. Si tratta di una vicenda feroce e straziante. E gli arrestati adesso cominciano a rimpallarsi le responsabilità. Nelle parole di Ruszo ci sono tante contraddizioni». Dalla sua casa di Aguscello, a due passi dalla villetta dell’amato fratello, Marco tira un respiro profondo. «No, – sussurra ancora – il mio pensiero non è cambiato». E forse mai potrà mutare.