
Vittorio Serafini, direttore dell’ufficio Irc (insegnamento della religione cattolica) dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio
"In un tempo di grande smarrimento, con tanti ragazzi che hanno perso valori e punti di riferimento. L’insegnamento della religione rappresenta un argine, per riappropriarsi del senso della vita", don Vittorio Serafini, direttore dell’ufficio Irc (insegnamento della religione cattolica) dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio cerca di spiegare il significato di quei 60 minuti.
Un’ora di lezione, magari un freno alle sempre più frequenti derive giovanili, solo noia in un angolo di strada, dove la città dirada in periferia, in una piazza che rischia di diventare terreno di scontro. "Nelle nostre scuole l’insegnamento della religione riscuote ancora un grande apprezzamento", è fiducioso don Serafini, a capo di cinque parrocchie, per 40 anni insegnante di lettere, poi preside alla San Vincenzo la scuola che scorre lungo un lato di piazza Ariostea. "Da otto anni ricopro questo ruolo, mi è stato assegnato per la mia esperienza nel mondo della scuola. Che certo mi è stata utile. Diciamo che in questi anni mi sono fatto le ossa", spiega.
Poi fornisce i dati, in arrivo c’è una scandenza. Dal 21 gennaio al 10 febbraio si svolgeranno le iscrizioni al primo anno dei diversi ordini e gradi. I genitori, con i loro figli, dovranno decidere se mettere una crocetta sull’insegnamento della religione cattolica. "E’ arrivato il tempo della scelta". Un appello, poi appunto i numeri. "Il quadro di chi si è avvalso di questo insegnamento per l’anno 2022/23, restituisce un dato di sostanziale stabilità, con una media nazionale pari all’84,05%. Noi, pur appartenendo a quella zona dell’alta Italia dove la scelta della religione è maggiormente in sofferenza, siamo al 78% di studenti iscritti all’ora di religione. Una percentuale positiva".
Sono 105 nella nostra diocesi gli insegnanti che vanno nelle scuole, dietro la cattedra, la loro voce tra i banchi. "Un insegnamento che ha un duplice obiettivo – entra nel merito –. Trasmette la cultura e conserva le radici di una civiltà, è una fonte di conoscenza del mondo al quale apparteniamo, delle tradizioni dell’Occidente. L’altro aspetto è quello legato ai valori. L’insegnamento della religione ci porta a riflettere, crea in aula un momento di confronto sui grandi temi dell’umanità, della vita. E in questo può essere una risposta per tanti giovani che hanno problemi, che si trovano ostacoli".
Il baluardo è rappresentato dalle scuole dell’infanzia e dalle elementari – la primaria – fino ad arrivare agli istituti superiori dove si misura una forte dissaffezione. Nell’anno scolastico 2022-2023 nella scuola dell’infanzia l’89,46% sceglie l’ora di religione. Alla primaria siamo al 86,36%. Nella secondaria di primo grado – le ’vecchie’ scuole medie – la percentuale è ancora alta, a quota 83,71%. Il crollo si verifica invece nella secondaria di secondo grado, con una percentuale che scende al 64,66%.
Proprio ai giovani della secondaria di secondo grado che, senza il parere della famiglia, spesso rifiutano l’insegnamento della religione cattolica va il pensiero dei vescovi. Ma ci sono alcuni puntini da mettere sulle "ì". Don Vittorio Serafini precisa: "In alcune scuole l’ora di religione viene collocata all’inizio della mattinata o al termine delle lezioni, è inserita come prima o ultima ora". Questo spinge non pochi alunni a dire "no", a non scegliere quell’insegnamento. Perché? Non c’è bisogno di rispondere. Entrano un’ora dopo, escono un’ora prima.
"Chiedo alle scuole di programmare con attenzione il calendario", l’appello. Non solo. Chi non aderisce all’ora di religione deve seguire comunque una materia alternativa. Non sempre questo avviene. E gli studenti in quel lasso di tempo magari se ne vanno al bar, in piazza. Ad aspettare che suoni ancora la campanella. Il pensiero va all’esercito di docenti. "Serve passione ed anche attitudine, abbiamo bravi insegnanti. Che spesso, anche perché vanno in più plessi, vengono scelti dai dirigenti come vicari, per ricoprire alcuni incarichi. Questo per noi è un onore".