Ferrara, pensione ridotta per 5 anni. I giudici: "Un errore, l’Inps paghi"

A Rodolfo Milanesi l’istituto di previdenza nel 2006 aveva chiesto indietro quasi sessantamila euro. La battaglia legale sul presunto divieto di cumulo con una indennità di carica si è chiuso dopo 16 anni

Ferrara, 18 ottobre 2022 - Sedici anni per vedersi riconoscere la liceità del suo comportamento e far capire all’Istituto di previdenza sociale (Inps) che la sua pensione da lavoro dipendente non doveva essere decurtata, perché non era vietato il cumulo dell’indennità di presidente del Consorzio di Bonifica "Il circondario polesine San Giorgio", che Rodolfo Milanesi ha percepito dal 1996, con l’assegno pensionistico goduto a partire dal primo gennaio 1997. Peccato che l’Inps ci abbia impiegato dieci anni per contestare la presunta indebita percezione. Anni in cui Milanesi (che è stato assistito legalmente in tutti i gradi di giudizio da Daniela Milanesi, Nicola Romanin e Francesco Ferroni), ovviamente, ha dichiarato di percepire l’indennità per la carica ricoperta.

In Cassazione uno dei passaggi fondamentali della battaglia legale tra l’Inps e il pension
In Cassazione uno dei passaggi fondamentali della battaglia legale tra l’Inps e il pension

Dieci anni per sentirsi chiedere indietro una parte della pensione e altri sedici per poter finalmente stare tranquillo perché ha avuto definitivamente ragione dai giudici della Corte di Appello di Bologna, su rinvio della Cassazione. Quando si dice la giustizia lumaca e l’estrema lentezza della burocrazia italiana.

L’indebito previdenziale viene contestato a Milanesi il 30 agosto del 2006, l’Inps pretende indietro la ragguardevole cifra di 59.403 euro, pari alla somma che Milanesi avrebbe ricevuto in eccesso, calcolata fino al 2006, anno in cui cessa la carica di presidente del Consorzio. Tanto che proprio da quell’anno e fino alla sentenza del Tribunale di Ferrara, il 18 maggio 2011, l’Inps trattiene dal suo assegno pensionistico la somma di 386,09 euro.

Sentenza di primo grado che dà ragione al pensionato, accertando nel corso del giudizio che che questo tipo di indennità, che è connessa a una carica elettiva pubblica, non rientra tra quelle che fanno scattare il divieto di cumulo. Da qui in poi, l’istituto di previdenza smette di trattenere la cifra di 386 euro ogni mese, restituendo quanto tolto dall’assegno di Milanesi per cinque anni, ma decide di andare avanti nella battaglia legale, impugnando la decisione del tribunale di Ferrare in Corte di appello a Bologna. Qui i giudici riformano la sentenza di primo grado, siamo a dicembre del 2014, dichiarando che, al contrario, quel tipo di indennità di carica rientra nel divieto di cumulo. Milanesi non ci sta e presenta ricorso davanti alla Corte di Cassazione.

Dovranno però trascorrere altri sei anni e mezzo, cioè fino al 20 aprile 2021, prima che gli ermellini rinviino di nuovo alla Corte di appello bolognese. Si arriva così a luglio scorso, quando i giudici felsinei respingono definitivamente l’appello dell’Inps e confermano la sentenza del Tribunale di Ferrara, nel lontano 2011. L’istituto previdenziale è infine stato condannato a pagare le spese sostenute da Milanesi, calcolate in sentenza in più di undicimila euro.