Ferrara, 6 luglio 2025 – La gente che vive lungo le sponde la chiama Patrizia, sembra una balena spiaggiata. Durante l’anno è sepolta sotto un muro d’acqua. In questi giorni – le temperature cocenti, il Po che cala a vista d’occhio – la nave è emersa. Andrea Poggioli, 50 anni, con una mano regge il timone di una barca a fondo piatto in grado di navigare in pochi centimetri d’acqua. Indica la riva, quei pezzi di legno e ferro. “Si dice che da queste parti, nelle profondità del Po, affondato nel fango del fondale ci sia anche un carrarmato, un mezzo militare. Ho un ecoscandaglio, nei prossimi giorni perlustrerò il fiume per cercarlo”. Una sfida con il passato, verità e leggende che il caldo africano porta in superficie.

Da Bondeno al mare, viaggio nella corrente (poca) con quella barchetta che sembra un guscio, verde militare. Fantasmi che vengono alla luce mentre il fiume, nell’arco di pochi giorni, è passato da un mare d’acqua ad un gigante che boccheggia tra pareti ancora verdi. Lingue di sabbia, spiaggioni che arrivano oltre la metà del corso d’acqua, isole e isolotti, secche, pezzi d’acciaio – residuati di un vecchio ponte – e sassi. “Qui se non stai attento sventri la barca, si stanno formando vere e proprie strisce di pietre”, dice Poggioli, lungo il Po con il suo Ludovico che il 13 luglio compie 14 anni. Padre e figlio, pescatori, innamorati del grande fiume. Davanti a loro c’è un’ora e mezza alla velocità di crociera di 40 chilometri all’ora, il motore che scoppietta, per arrivare a Pila, estremo lembo del Delta. “Dal pontile di Santa Maria Maddalena, da Pontelagoscuro al mare ci sono 85 chilometri, l’altro giorno eravamo lì. Andiamo a pesca di tonni, abbiamo anche preso un piccolo squalo, una verdesca. Buttiamo poi tutto di nuovo in acqua, il fiume, il mare vanno rispettati”.

E’ comparsa qualche nuvola, il cielo opaco, giusto due gocce ieri pomeriggio. Un’illusione. Oggi sono annunciati temporali. Ma lo scenario preoccupa, il grande fiume perde acqua come un colabrodo. Il livello scende di giorno in giorno. Da mille metri cubi al secondo è andato sotto il valore di 600, valore ’segnato’ nella sezione di Pontelagoscuro. Una pausa apparente, poi ancora giù, a 520 metri cubi al secondo. I flussi idrici continuano a registrare una netta contrazione da settimane. Sempre a Pontelagoscuro, il deficit è di circa il 60%. A destare timore, siamo solo ai primi di luglio, il cuneo salino. Il quadro non è quello del 2022, almeno non ancora, quando la ’risalita’ aveva toccato Berra, ma mentre la lancetta della cappa d’estate gira l’acqua salata avanza. E’ arrivata a 6-7 chilometri dalla foce, nel Delta. Pochi giorni e i chilometri sono diventati otto. “Non siamo ai livelli del 2022, le scorte d’acqua per il momento ci sono. Certo non possiamo ogni anno trovarci davanti, misurarci con emergenze che sembrano diventare strutturali, croniche. Lo dico e lo ripeto, servono gli invasi”, un monito quello di Stefano Calderoni, presidente del consorzio bonifica Ferrara, vice presidente di Anbi (associazione nazionale dei consorzi). Appelli che ripete da anni, appeli che sembrano perdersi nel silenzio di quella strada d’acqua che cala a vista d’occhio. La barca prima di puntare verso il mare, vira verso l’entroterra. Si vede il campanile di Stienta, in provincia di Rovigo (Veneto). Sul versante emiliano, siamo ormai all’altezza di Bondeno. Questo è il punto più stretto, il fiume soffoca tra la sponda e una distesa bianca di sabbia. “Qui è rimasto solo un canalone di una ventina di metri, ci sono le boe rosse che segnalano il passaggio. Bisogna stare attenti. Chi non è esperto, si insabbia, scassa la barca”. C’è l’imbarcadero, è gestito dall’associazione Amici del Po. Il presidente si chiama Riccardo Bacchiega, è il barbiere del paese. Giancarlo Minozzi cala in acqua la rete del bilancione, mostra con orgoglio la sua preda. “Un bel cefalo, l’ho pescato poche ore fa”. Con lui ci sono alcuni amici di Ferrara, ti fermi, prendi un caffè, la gente del fiume qui è di casa. “Ma devi ricordarti almeno di lasciare qualche moneta, perché c’è chi va a fare la spesa per grigliate, cene in compagnia”. Bistecche e amicizia hanno un prezzo.

Isole e ancora isole affiorano nella rotta di Poggioli. “Fino a qualche giorno fa non c’erano, erano tutte sommerse”, l’occhio a quei tronchi così vicini alla chiglia. “Se non piove andiamo a meno sette metri, sette metri e cinquanta. La soglia piscologica, il dramma che abbiamo vissuto nel 2022”. Quando anche i tubi che pescavano l’acqua per le case sono stati sistemati con una zattera galleggiante da Hera, perché ormai rischiavano di non pescare più. Isola Piccoli, Sortini, isola Bianca, scorrono davanti alla prua, occhi puntati ai detriti, ai pezzi di terra che sono appena sotto il filo. Passano gli uomini di Aipo, su un motoscafo che fa sobbalzare la barca. Sono loro a controllare i livelli, tengono il polso del Po, spostano le boe, contano le dune. “Li facciamo le grigliate, eravamo tanti, cinque barche”, guarda verso una riva, sembra di essere ai lidi. “Dopo puliamo tutto, non resta niente, ci teniamo a questo paradiso naturale”. Che ha delle insidie. “Ci sono ragazzi che vengono a fare il bagno, non conoscono questo gigante che può sembrare placido. In alcuni punti il fondale passa da 50 centimetri a dodici, venti metri di profondità. Ti ci trovi dentro all’improvviso”. Nemmeno il tempo di una preghiera.
L’acqua scivola scura contro la chiglia, giallognola, salmastra quando ormai sei nel Delta. Sulla sponda Veneta c’è il rifugio punta maestra di Pila. Mattia Zago, il figlio del proprietario, porta i turisti a caccia di tonni. “Sì, se ne prendono tanti. Anche esemplari di settanta chili. Mio figlio ne ha catturato uno così”. E ha pescato anche una verdesca, si chiama anche squalo azzurro. “Era piccolo, non è pericoloso per l’uomo”. È diffusa in tutti i mari temperati, tropicali e subtropicali. Magari queste temperature cocenti, l’acqua che sembra brodo l’attrae. Sull’altra sponda, nel limite più profondo del Delta, c’è il faro, sull’isola dell’amore a Goro. “Sì, lavoriamo bene, ci sono tanti turisti”, dice Erik Scabbia, che si è aggiudicato il faro vincendo un’asta. Il mare, un altro effetto del clima folle, si è innalzato. “Lo vediamo dalle mareggiate, qui siamo ben protetti, ma una parte del faro è sotto il livello del mare. Siamo davanti a grandi cambiamenti, uno scenario che muta. Rapidamente”. Un po’ troppo. Volano trema.