"Pranzo insieme: un diritto con o senza pass"

I sindacati intervengono sull’obbligo del certificato verde nelle mense aziendali: "Ci vuole più chiarezza da parte del governo"

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Ospedale di Cona e Petrolchimico osservati speciali dopo l’obbligo di green pass nelle mense aziendali, i sindacati rilevano delle incongruenze. La Uil per esempio pone l’accento sulla dignità del lavoratore durante la pausa. "Sono le più grandi mense del territorio, non vogliamo vedere persone costrette a mangiare fuori in luoghi di fortuna, come è già successo", dice Vittorio Caleffi, segretario regionale Uiltec dell’Emilia Romagna. La Cgil teme ricadute sull’occupazione. "Questa cosa ci può porre un problema di perdita di posti di lavoro – mette le mani avanti Mauro Cavazzini, che nella Cgil segue proprio il settore mense –, se chi non ha il green pass non va in mensa, le mense perdono pasti e potrebbero dire ’c’è esubero di personale’, già con lo smart working c’è stato un crollo, stiamo attenti". Mentre Luigi Baiano, segretario provinciale della Femca Cisl, difende la piccola minoranza di non vaccinati rivendicando il diritto, come sindacalista, a non entrare nel merito delle scelte individuali altrui sul tema della salute: "Siamo messi male, c’è qualche lavoratore, una minoranza, che non si è vaccinato per scelta individuale, legittima. Un paio di telefonate le ho già ricevute. Non si è capito cosa succede negli spazi messi a disposizione dalle aziende per chi si porta il pasto da casa. Per noi si deve continuare sulla strada dell’adozione delle misure di sicurezza, il distanziamento, i dispositivi di protezione. Si possono adottare anche nelle mense aziendali". Questi, dunque, sono i primi tre rilievi dei sindacati più rappresentativi nella provincia di Ferrara, Cgil, Cisl e Uil, sul delicato tema dell’obbligatorietà del green pass nelle mense aziendali. Una novità, nell’ambito delle tante regole nate e cambiate durante questa pandemia Covid che si è manifestata con una modalità che i sindacati giudicano anomala. Auspicandosi che sia l’ultima volta.

"Non è possibile che un tema del genere sia sviscerato come risposta ad una faq (frequently asked questions, cioè una domanda posta di frequente, ndr) del Ministero – sostiene Caleffi –. Cominciamo a ragionare di hub vaccinali nelle aziende, che finora, in tutto il Paese, sono stati pochissimi. Questo è l’approccio giusto, la concertazione con le parti sociali, non le risposte preimpostate che interpretano altre normative producendo divieti. E confusione".

Al Petrolchimico, a pieno regime, si può arrivare anche a 1.600 pasti al giorno. In periodo estivo con tante aziende chiuse si scende fino a 300 ma da domani, con la grande riapertura post Ferragosto, i numeri saliranno veloci. All’ospedale invece restano alti tutto l’anno.

"Se due lavoratori in sicurezza possono lavorare assieme non capisco perché non possano mangiare assieme, se si vuole affrontare il tema seriamente bisogna assumere un atteggiamento diverso", rimarca Caleffi.

E nel rilevare contraddizioni si cimenta con passione anche Cavazzini della Cgil: "La cosa curiosa è che ai dipendenti delle mense non è stato chiesto alcun cambiamento. Loro però sono ovviamente in agitazione, non capiscono come si devono comportare. Allo stato attuale, formalmente, è tutto come prima, come è giusto che sia peraltro, il decreto non entra nel merito dei lavoratori. Cioè vanno anche non vaccinati, nel rispetto delle norme. Il decreto parla solo di accesso alle mense".

Sulle soluzioni al disagio creato dall’obbligo del certificato verde nelle mense aziendali i sindacalisti, nonostante siano stati interpellati separatamente, hanno una posizione univoca al di là delle sigle. Cioè la stessa di Baiano della Cisl, chiedono luoghi idonei all’interno delle aziende nel rispetto delle norme di sicurezza, senza obbligo del green pass. E vanno oltre.

"Non esiste che chi non si vaccina sia escluso dal luoghi di lavoro, e la mensa è uno di questi – tiene il punto Caleffi –. Le scelte sulla salute pubblica spettano allo Stato, non ai datori di lavoro". La chiusura è di Cavazzini: "Non è corretto, non è giusto e non è lecito che venga demandata alle parti sociali una decisione che è di salute pubblica".

Tommaso Moretto