Sanità ed eccellenze, stop agli ago cateteri per la pressione venosa

Grazie a uno studio del professor Zamboni (Unife) potrebbe non essere più misurata con la vecchia procedura invasiva e rischiosa

Il team di Zamboni è composto da esperti di clinica, biomedici, fisici e bioingegneri

Il team di Zamboni è composto da esperti di clinica, biomedici, fisici e bioingegneri

Ferrara, 30 ottobre 2020 - La pressione venosa centrale è un parametro fondamentale per il medico che deve fronteggiare situazioni critiche, come una grave emorragia o uno scompenso cardiaco. Ad oggi l’unico modo per misurarla consiste nel posizionare un catetere nelle vene giugulari del paziente, una procedura invasiva, dolorosa oltre che rischiosa. Presto però, potrebbe bastare l’analisi dei dati ottenuti con una semplice ecografia.

A proporlo è lo studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Plos One e coordinato da Paolo Zamboni, professore ordinario di chirurgia vascolare nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Ferrara. Il team di ricerca ha indagato la possibilità di misurare il parametro attraverso l’elaborazione di segnali ottenuti da una videoclip di un normale esame ecografico della pulsazione dei vasi del collo, senza quindi sottoporre i pazienti a esami invasivi.

La pressione venosa centrale è stata misurata sia con la metodica classica, quindi con l’applicazione del catetere venoso centrale, sia acquisendo i segnali dell’ecografo: "Confrontando le due metodiche, è stato riscontrato un errore medio di appena 1.4 mmHg. La videoclip nella quale venivano registrati i segnali dell’ecografo nel 96% dei casi ha identificato correttamente i pazienti che avevano un valore di pressione venosa centrale nei limiti della norma", illustra Zamboni. Il team selezionato e coordinato da Zamboni è interdisciplinare, composto da esperti di clinica, da tecnici biomedici, fisici e bioingegneri. Tra loro Clive Beggs, Professore emerito di fisiologia applicata dell’Università di Leeds con un ruolo di spicco nell’Istituto universitario di Studi superiori (IUSS) di Ferrara, Riccardo Ragazzi, anestesista dell’ Azienda Ospedaliero-Universitaria, Anna Maria Malagoni, Erica Menegatti e Mirko Tessari, ricercatori del Centro Regionale per le malattie venose e linfatiche a Cona, e Valentina Tavoni del Dipartimento di Fisica di Unife.  

Il risultato rappresenta un traguardo importante per la medicina e per le possibili applicazioni cliniche che ne derivano: "Potenzialmente questo risultato apre la strada a sviluppi impensabili, anche in chiave di diagnosi in Telemedicina", conclude Paolo Zamboni. La ricerca è stata finanziata dal Ministero della Salute con l’attribuzione nel 2016 di un bando competitivo per la “ricerca finalizzata” all’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara.