"Papa Francesco era la bontà fatta persona. La bontà come la tenerezza, non intesa in senso compassionevole, sentimentale, ma come eccellenza e, dove metteva ‘occhio e mano’, c’era bontà". È il primo ricordo del santo padre quando era in vita di monsignor Paolo Rabitti, nato a Castellarano (Reggio Emilia) nel 1936 ed ex arcivescovo di Ferrara-Comacchio. Terminati gli incarichi episcopali e vaticani, ora è ospite nella casa di famiglia dei suoi nonni materni, a Scandiano. Ha 88 anni, due mesi più anziano di Papa Francesco – lui è nato a ottobre il santo padre in dicembre – e ha lavorato al suo fianco. L’arcivescovo emerito Rabitti ha ricoperto diversi incarichi durante la sua carriera ecclesiale, fra questi ha operato per l’Azione cattolica dell’Emilia-Romagna e italiana, è stato rettore del seminario regionale di Bologna. Nel 1987 è chiamato ad essere sottosegretario poi segretario nel 1993 della pontificia congregazione dei beni culturali della Chiesa. Eletto vescovo di San Marino Montefeltro nel 1995 poi arcivescovo di Ferrara-Comacchio. Durante l’episcopato a Ferrara, Papa Francesco lo nomina il 16 dicembre 2013 componente della Congregazione dei vescovi, dove resta sino al dicembre del 2016. Papa Francesco gli chiede nell’occasione di aiutarlo nell’individuare ecclesiastici idonei ai ministeri nella Chiesa. A Roma, in Vaticano, don Rabitti ha dunque lavorato ‘gomito a gomitò’ col Papa. "La seconda cosa da ricordare del Papa – continua Rabitti – era la sua sete di giustizia, là dove vedeva ingiustizie, malignità, cattiveria, portava pace, misericordia e tenerezza a chi stava soffrendo. È stato un uomo di gioia, l’ho costatato stando abbastanza spesso in dialogo con lui".
E aggiunge: "Papa Francesco, quando non era intento in impegni pesanti, gustava che l’interlocutore gli raccontasse belle cose del mondo e, a sua volta, faceva di tutto per alleggerire le sofferenze che ci sono sulla terra, con la gioia del suo spirito e della sua parola". "A Roma – continua don Rabitti – il dialogo con Papa Francesco è stato intenso, era uomo di gioia, svolgevo un lavoro che dipendeva da lui, che stimolava l’impegno per alleggerire situazioni locali complicate e difficili, faceva molte domande, a volte scherzando per rasserenare alcune difficoltà. Desiderava conoscere la verità di valore, soprattutto nella fede, raccoglieva pareri plurimi, sulla base di questi, prendeva le sue decisioni, che scriveva direttamente o le faceva studiare e redigere dalle autorità competenti". E conclude: "Era coraggioso e istintivamente rapito dalla bontà di coloro di cui sentiva parlare, quando dalla descrizione scopriva una persona splendida per condotta, intelligenza e dedizione e scherzando diceva: ’Ci siamo!".
Monsignor Rabitti ricorda gli incontri col Santo Padre nel suo studio: "Aveva un carattere positivo, evidentemente c’erano anche le problematiche gravi, ma la serenità, era una delle sue qualità, nonostante tutto. Si capiva che la sua esistenza, pur sofferta per tanti impegni e incombenze, era guidata da una forte vita di fede".