Reddito di cittadinanza al jihadista, al vaglio cellulari e profili social

Dopo aver denunciato i due tunisini sospettati di aver finanziato un miliziano islamico, la Finanza sta esaminando il materiale sequestrato nell’alloggio popolare occupato in maniera abusiva

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di Federico Malavasi

Prosegue con l’analisi di cellulari e dispositivi informatici l’attività della guardia di finanza che, nei giorni scorsi, ha portato alla denuncia di due tunisini di 50 e 33 anni accusati di aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza e di averne utilizzato una parte per finanziare un militante islamista in odore di terrorismo. Nell’appartamento Acer assegnato al più anziano e subaffittato al più giovane, i militari delle fiamme gialle hanno sequestrato smartphone, supporti informatici e diversi documenti cartacei. Oggetti che ora dovranno essere analizzati a fondo per verificare le tesi accusatorie emerse dalla prima fase dell’indagine. I primi a finire sotto la lente saranno i profili social dei due soggetti e i dispositivi dai quali vi facevano accesso.

Da qui sarà possibile stabilire in maniera più definita se nella loro ‘vita virtuale’ ci siano tracce di contatti o simpatie per la galassia del terrorismo islamico. Il passaggio successivo sarà quello di capire se quelle due rimesse (mille euro in tutto) inviate da un money transfer della città e destinate a un trentenne tunisino inserito nelle liste dell’antiterrorismo del Belgio e dalla sua madrepatria, siano le uniche o se invece ci siano altri passaggi di denaro, magari meno ’tracciabili’. Intanto, a quanto si apprende, la guardia di finanza avrebbe già inoltrato all’Inps la comunicazione sull’accaduto al fine di chiedere la sospensione del reddito di cittadinanza indebitamente percepito dai due stranieri. Nel complesso, stando a quanto ricostruito dagli investigatori, avrebbero percepito dodicimila euro (diecimila il più anziano e duemila il più giovane). Per ottenere il sussidio, secondo le accuse, avrebbero fornito indicazioni non veritiere sui loro redditi e sulle loro posizioni lavorative. Il 33enne avrebbe inoltre segnalato la presenza a Ferrara dei suoi figli che in realtà non si sarebbero mai mossi dalla Tunisia.

Oltre allo stop al sussidio, i finanzieri dovranno ora prendere contatto con l’Acer, per definire la posizione dei due tunisini ed avviare eventualmente la revoca dell’appartamento popolare intestato al 50enne dal 2011. L’attività di indagine che ha portato alla scoperta del flusso di denaro destinato al foreign fighter tunisino è partita da un normale controllo delle fiamme gialle sulle transazioni finanziarie e sulle rimesse degli immigrati verso l’estero. Quei due invii di denaro hanno subito attivato il fiuto degli investigatori, soprattutto in ragione del Paese a cui erano destinati e del beneficiario. La Tunisia è infatti particolarmente sotto osservazione in questo periodo di recrudescenza dell’estremismo islamico e il destinatario del denaro, come anticipato, era un soggetto tenuto sotto controllo in ben due Stati perché sospettato di essere vicino all’Isis.

Le verifiche hanno poi portato a scoprire gli altri illeciti, cioè la percezione irregolare del reddito di cittadinanza e l’occupazione abusiva dell’alloggio popolare. Situazioni che sono costate ai due nordafricani una doppia denuncia. L’indagine, coordinata dal pubblico ministero Antonello Gustapane, è tutt’altro che conclusa. Gli accertamenti proseguono nel massimo riserbo al fine di verificare quanto emerso finora e chiarire se e fino a che punto i protagonisti della vicenda siano legati alla galassia del terrore.