
La segretaria generale Tagliati al Carlino: "È un momento per migliorare le condizioni di lavoro di migliaia di persone"
Bisceglie
Ormai siamo agli sgoccioli. L’appuntamento referendario dell’8 e 9 giugno per la Cgil rappresenta ben di più di una chiamata alle urne (oggi si chiude ufficialmente la campagna di sensibilizzazione con l’intervento di Leonardo Fiorentini e Alessandro Genovesi, a partire dalle 17.30 in piazza Trento-Trieste). "È un momento per migliorare le condizioni di lavoro di migliaia di persone. Una responsabilità collettiva, a maggior ragione in un territorio segnato da grandi fragilità come il nostro". A dirlo al Carlino è Veronica Tagliati, segretaria generale della Cgil di Ferrara che a ridosso del voto è venuta a spiegare le ragioni del Sì ai cinque quesiti di cui è composta questa consultazione.
Tagliati, lei è partita da un accenno alle fragilità strutturali del nostro territorio. Perché dovrebbero essere un incentivo ad andare a votare e a sostenere le ragioni del sì al referendum abrogativo?
"Perché dove c’è fragilità la qualità del lavoro diminuisce. E se diminuisce la qualità del lavoro diminuisce proporzionalmente anche quella della vita. È un circolo vizioso che porta a un compromesso al ribasso. Con i sì al referendum i lavoratori vengono invece messi se non altro parzialmente al riparo da situazioni difficili e di precarietà".
Immagino si riferisca agli strumenti di tutela a fronte dei licenziamenti. Perché concentrarsi sul Jobs Act?
"Per la Cgil non è una novità. Anche nel 2017 proponemmo una modifica al Jobs Act, in particolare concentrandoci sul ripristino del diritto al reintegro a fronte di un licenziamento illegittimo. Senza garanzie per i lavoratori anche il contratto a tempo indeterminato diventa precario nei fatti".
Esiste però un’indennità.
"È una cosa del tutto irrisoria a fronte della tutela di garantire una continuità lavorativa a un addetto. Questa garanzia rappresenta un architrave della nostra attività di tutela dei lavoratori".
Quanto è reale, sul territorio, il problema della sicurezza sui luoghi di lavoro?
"Lo dico in maniera esplicita: probabilmente si tratta del quesito referendario in assoluto più sentito dai lavoratori perché i dati sul nostro territorio solo allarmanti. Nove morti sul lavoro nell’ultimo anno, il 25% di richieste in più di malattie professionali. Questi numeri restituiscono l’istantanea di un tema non solo concreto, ma di preoccupante attualità. Così come è fondamentale intervenire, a proposito di sicurezza sul lavoro, sulla filiera degli appalti e dei subappalti".
Come coniugare i quesiti sul lavoro a quelli sulla cittadinanza?
"In realtà si tratta di questioni fortemente correlate fra loro".
Si spieghi.
"Ridurre i tempi per l’ottenimento della cittadinanza, significa dare la possibilità a tantissime persone di lavorare e di sottrarle al ricatto di datori di lavoro che brandiscono la concessione del posto di lavoro come strumento di ricatto verso gli addetti migranti".
Non vede, nell’abbassamento da dieci a cinque anni per la cittadinanza, un rischio di un’eccessiva permissività?
"Al contrario. È una garanzia a tutela della legalità. Un lavoratore ‘sicuro’ non è spinto a percorrere altre strade al di fuori della legge. E, fra l’altro, questo è un referendum che parla soprattutto alle imprese sane: contiene gli anticorpi per contrastare il dumping".
Come spiega la politicizzazione e la contrapposizione che si sono create attorno a questo referendum?
"Non è questo referendum, è qualcosa di molto più profondo. In questo Paese per ogni tema assistiamo a una divisione fra tifoserie. A una contrapposizione fra curve, alimentata dalla propaganda. Il problema è che questi quesiti non sono stati approfonditi nei suoi significati più profondi. L’appuntamento alle urne non è un attacco contro il governo".