
Un’aula di tribunale
Tutto prescritto. Si conclude così, a otto anni dai fatti, il processo che vedeva imputato don Riccardo Petroni, il precedente custode delle reliquie dell’arcidiocesi, nominato dall’allora arcivescovo Luigi Negri e difeso dall’avvocato Pietro Pomanti. La vicenda, nell’ambito della quale la procura aveva ipotizzato una presunta appropriazione indebita e il presunto danneggiamento di alcune reliquie, si è conclusa ieri mattina davanti al giudice Marco Peraro.
La vicenda, oggetto di un lungo e complesso iter giudiziario, era in fase di udienza predibattimentale. Il tribunale ha stabilito per l’imputato il proscioglimento per intervenuta prescrizione di entrambe le ipotesi accusatorie. Caso chiuso, quindi.
Un passo indietro. La vicenda nacque a seguito della denuncia depositata nel 2019 da don Ivano Casaroli, all’epoca arciprete della cattedrale nonché presidente del Capitolo della stessa. La segnalazione del sacerdote spinse i carabinieri del comando per la Tutela del patrimonio culturale a portare alla luce una serie di circostanze poi addebitate a Petroni. In particolare, stando all’impianto accusatorio, nella sua qualità di custode si sarebbe appropriato di quarantuno reliquiari e relative reliquie custoditi negli armadi chiusi della cattedrale. Si trattava, come scritto dalla procura, di beni di interesse storico artistico e sottoposti a tutela. Dei quarantuno oggetti, il 23 maggio 2019 ne vennero recuperati trentasei. Gli altri cinque saltarono invece fuori alla fine di giugno dello stesso anno.
La secondo accusa mossa dalla procura all’ex custode delle reliquie era di danneggiamento e manomissione di parte di quei preziosissimi beni. A processo si era costituito parte civile il Capitolo della cattedrale (con gli avvocati Riccardo Caniato, Tiziano Tagliani e Filippo Maggi). A otto anni dai fatti, dunque, il caso giudiziario nato da quelle circostanze si chiude con una sentenza di proscioglimento per decorrenza dei termini.
re. fe.