Rissa al Gad, volano bottiglie e spunta un machete

Lo sfogo dei residenti: «Viviamo barricati in casa»

Notte al Gad

Notte al Gad

Ferrara, 5 giugno 2018 - L’urlo. Il primo condomino si sveglia a mezzanotte. Va in cucina e trova il figlio affacciato alla finestra. Il film non è alla televisione ma, da via Battisti, si sviluppa nel giardino del grattacielo. «Un uomo – racconta il residente e volontario del comitato Residenti Gad – sta scappando. Ha un machete in mano ed è rincorso da un gruppo che gli scaglia contro bottiglie di vetro. Non ci credete? Fate un giro in via Ticchioni. A terra ci sono ancora i cocci di vetro».

Può dirci il suo nome? «Meglio di no – si difende – qui in Gad non abbiamo a che fare con qualche delinquente ma con un’organizzazione criminale. Io e la mia famiglia abitiamo qui». La rissa risale alla notte tra domenica e lunedì. «Ci siamo affacciati tutti alle finestre, abbiamo registrato un video e davanti ai nostri occhi è andata in scena una cosa da film. L’estate è arrivata ma il nostro quartiere è alle solite. Esercito e forze di polizia stanno lavorando sodo ma ormai il nostro stile di vita è stato modificato». Una patina si è depositata su quella fetta di città. «Il lavoro delle forze di polizia è evidente. È sotto agli occhi di tutti ma la maggior parte dei residenti, di sera, se ne sta barricata in casa».

La chiacchierata con il condomino passa dal racconto dell’episodio alle sensazioni. «Io sono originario di Napoli – racconta – e ho visto nascere la più grande piazza di spaccio d’Europa. Non sono così matto da credere che questo sia un quartiere di Napoli ma le logiche, in piccolo, sono le stesse. Ci sono le bande, spuntano i coltelli e poi l’organizzazione consolida il suo potere». Uno spaccato che spiazza. Così ci disorienta. «Quando porto fuori il cane inciampo su rami e bastoni di legno ai quali è stata affilata la punta. Li nascondono dietro ai cespugli. Come se dovessero essere subito pronti all’uso». In caso di guerriglia. La lente sul quartiere mette in luce il lavoro di enti locali e forze di polizia ma anche le dinamiche delle forze oscure che manovrano per il controllo del territorio. «Si fa un gran parlare di integrazione – spiega il referente dei Residenti Gad – A mio avviso le feste non servono. O, meglio, sono solo un pezzo del problema. Se penso all’integrazione penso a gente col machete in una mano e la dose nell’altra. Sono persone che non hanno nessuna intenzione di integrarsi. Ma se penso all’integrazione penso anche al mio vicino di casa, straniero, che è stato l’unico del palazzo a scendere in strada per chiamare le forze di polizia. Lui deve essere il nostro punto di riferimento: lavora, ha moglie e due figli meravigliosi. Se non distinguiamo questo allora non vi sarà mai nessun impulso decisivo, vero, per un quartiere, il nostro, che a volte pare lo spaccato di un film. E, sia chiaro, noi non lo raccontiamo così perché ci fa piacere descriverlo in questo modo. Qui ci viviamo. E sappiamo come ci si vive».

Mattia Sansavini